Proposta di un intervento contro il Festival della canzone di San Remo, 1970.
IL FESTIVAL COME FESTA DELLA MISTIFICAZIONE
1 – l’ideologia che diventa mitologia
Il festival e un’ “Avvenimento” troppo importante nella liturgia della vostra vita borghese, abbarbicata ai miti che vi vengono quotidianamente somministrati, perché non si colga l’occasione per porvi di fronte alla miseria del vostro essere ed agire quotidiano. La vostra falsa coscienza (che e quella di noi tutti: vi odiamo perché purtroppo ci riconosciamo in voi) non può essere così profondamente deformata da non giungere al punto di esplosione quando l’ideologia della società borghese vi viene propinata a dosi così massicce; cioè ad un tale punto di concentrazione da degradare in mitologia. Noi non crediamo che i falsi contenuti che vi vengono trasmessi in questi riti barbarici non possano rivelare il loro vero scopo, quando ciò comporta, come nel Festival della Canzone, il regredire della vostra coscienza a livelli primordiali.
2 – IL FESTIVAL: CELEBRAZIONE DELL’ORDINE ESISTENTE
È ormai entrato nella coscienza comune che queste rappresentazioni hanno uno scopo fondamentale nel trarre un profitto da quella che pare una epidemica esaltazione collettiva: la musica sotto forma di canzone a largo consumo. Questo è effettivamente un aspetto importante del fenomeno: gli enormi profitti che le case discografiche ricavano dal vostro gradimento verso questo spettacolo (gradimento organizzato attraverso la potenza dei mezzi di comunicazione di massa), costituisce un esempio macroscopico dello spreco materiale organizzato, caratteristico della società capitalistica. Ma strettamente intessuto ad esso fino a passare inosservato, vi è l’aspetto più rilevante in quanto contiene i veri significati di questo cerimoniale, così assurdo che a un livello superficiale si contesta da sè. Ad un livello più profondo il vero fine di questo tipo di rappresentazioni (che è anche il mezzo attraverso cui si realizzano) è quello di guadagnare alla società esistente il vostro consenso, non cosciente, attraverso la partecipazione consapevole o meno ad un gigantesco rito orgiastico che si presenta esso stesso come una enorme positività che riesce a nascondere o a far passare in secondo piano ogni aspetto della realtà negatore dell’ordine esistente.
3 – il Festival: rappresentazione burocratica della “festa”
Il festival è una celebrazione dell’enorme passività individuale e collettiva che caratterizza ed è il fondamento della società capitalistica. Il vostro assistere a simili messe nere su scala allargata ha il significato di una accettazione ed esaltazione della vostra personale passività; questa viene alimentata attraverso una mistificazione di fondo: il Festival, come ogni altro rito di questo tipo, mistifica quella che è una delle più genuine e spontanee creazioni dell’attività umana, la “festa”. Questo è il momento in cui si estrinseca oltre ogni limite la capacità degli individui di stringere rapporti fra di loro in una dimensione ludica, cioè fine a se stessa, che prescinde da ogni costrizione derivante dal vivere nel mondo della necessità; cioè la “festa” come avvenimento in cui si concretizza la libera scelta come dimensione fondamentale dell’attività umana. Ora il Festival è un esempio tipico di come nella società capitalistica i rapporti umani vengano sostituiti da rappresentazioni di essi, immagini farsesche in cui gli individui ed i gruppi agiscono secondo regole stabilite al di fuori di loro stessi, agiscono cioè in un rapporto burocratico fra di loro e di fronte agli altri. Quindi voi tutti partecipando direttamente o indirettamente al Festival attuate di fronte agli altri e specialmente di fronte a voi stessi una rappresentazione mistificata della “festa” secondo comportamenti già decisi in partenza da altri, rappresentazione che non ha altro contenuto se non quello di celebrazione della passività generale che ha il suo momento più alto nell’accettazione dell’ordine sociale esistente e nel conseguente asservimento ad esso.
4 – Il Festival: festa del divismo
I personaggi che sono chiamati a mimare di fronte a voi la “festa” sono i divi (della canzone in questo caso). Essi rappresentano la vostra rinuncia a possedere qualsiasi qualità autonoma per una identificazione con i personaggi che vi sfilano davanti i quali si pongono di fronte a voi con una personalità standardizzata e positiva. Ma questa positività ha un significato solo nella società capitalistica: l’aggressività, la disinvoltura, la spregiudicatezza sono tutte qualità che vi vengono esposte attraverso la loro personificazione nei divi e che hanno un solo significato: rendono possibile l’accesso ai due valori positivi fondamentali, IL POTERE ED IL CONSUMO, che sono alla base dell’ideologia di una società burocratica e mercificante. Una tale società ha quindi come esigenza VITALE che ognuno si conformi a questi miti, che ognuno assuma la qualità di burocrate e consumatore.