Testo firmato Gli amici dell’INTERNAZIONALE, Torino, 4 febbraio 1971.
Volantino infarcito di elementi linguistici tardosituazionisti. Non è un elaborato dell’Organizzazione Consiliare. Potrebbe essere attribuito ad un cenacolo di 3-4 persone, allora attivo in un appartamento del Lungo Dora torinese, animato da una giovane donna, tale C.M. (P.F.G.)
LE BOMBE DI CATANZARO SONO ESPLOSE CONTRO IL PROLETARIATO
“Lo stato è sempre al di sopra di ogni sospetto” (da un diario segreto di un agente di P.S.)
Compagni,
lo sciopero generale, lo scatenamento della guerriglia, le barricate permanenti, ancora una volta suonano a morto alle orecchie sensibili della borghesia e dello stato capitalista. In questi giorni il governo, spalleggiato dal partito cosiddetto comunista, specializzato in repressioni proletarie (esperienze accumulate in oltre 50 anni di complicità con le dittature sul proletariato dei partiti comunisti nei paesi cosiddetti socialisti e di astuzie sindacali repressive), ha già fatto scattare il suo goffo e macabro piano di annientamento della rivolta di Reggio.
Sono di questi giorni le intimidazioni violente, le bombe provocatorie e poliziesche destinate a tramortire la rivolta per il tempo necessario a ripristinare l’ordine. La borghesia italiana, dopo avere tentato invano una repressione a freddo, è costretta a iniziare una strage a caldo.
Per la prima volta, dopo le episodiche rivolte di Avola e Battipaglia, una intera città, nel cuore dello sfruttamento capitalistico, ha organizzato in modo permanente la propria insurrezione.
Nello scandalo permanente di una città che, mantenuta in un vero e proprio stato d’assedio si è selvaggiamente ammutinata, annientando ogni potere statale ed amministrandosi da sola, i padroni di oggi vedono minacciosamente prefigurarsi la loro sconfitta di domani. Gli organi burocratico-amministrativi del dominio capitalistico sono stati ripetutamente saccheggiati e ridicoleggiati dai proletari rivoluzionari di Reggio. E così l’apparato propagandistico borghese (radio, televisione, stampa di destra e di sinistra), nel tentativo disperato di dare a tutti i costi una ragione per lui accettabile del crollo degli organismi burocratici, economici e sociali, s’invischia in penose contraddizioni e ricorre a calunnie sempre più spinte. I proletari di Reggio devono essere trasformati in “squadracce fasciste” (che terrorizzerebbero i bravi cittadini desiderosi di riprendere al più presto il loro onesto lavoro); si tenta così di prendere sempre lo stesso piccione con due fave: utilizzando propagandisticamente il miserabile tentativo di strumentalizzazione da parte di neo-fascisti e contemporaneamente accreditando la versione interessata degli stalinisti del P.C. sul pericolo fascista, come arma per coprire ogni voce che non sia quella al soldo dei padroni.
La smentita di queste calunniose mistificazioni è venuta cori l’adesione massiccia allo sciopero generale, con il corteo di diecimila persone sanguinosamente attaccato da polizia e carabinieri e con le scritte popolari contro lo stato e la polizia.
I due poli dell’ideologia capitalista, quello padronale e quello riformista, si completano a vicenda. Insieme all’Unità è il giornale di Agnelli il più coerente ed ostinato nel dipingere la rivolta di Reggio con le tinte dell’arretratezza semifeudale e del nostalgico impossibile ritorno al passato. La borghesia di oggi rispolvera l’ideologia dell’arretratezza ideologica del Sud, in nome della quale lo stato capitalista borghese, meno di cento anni fa, represse coll’esercito i contadini insorti contro la condanna allo sfruttamento e alla miseria che i padroni del nord avevano decretato per loro.
Allora l’unità d’Italia serviva ai padroni capitalisti per unificare lo sfruttamento, articolando territorialmente i modi dello sviluppo industriale sulla base delle esigenze del profitto.
Oggi invece è contro l’unità reale del proletariato rivoluzionario che è costretta a difendersi la borghesia attuale.
L’ideologia borghese dell’arretratezza del Sud mostra di essere in realtà l’arretratezza dell’ideologia.
La nuova epoca rivoluzionaria riporta sulle strade e sulle piazze i vecchi nodi storici, perché solo i problemi più antichi permettono di scoprire le soluzioni più moderne e radicali.
COMPAGNI OPERAI, nella ripresa produttiva e delle altre attività burocratico amministrative, governo e padroni concordano nel riconoscere il “ritorno alla normalità”; il ritorno cioè dell’unica normalità che essi ammettono: quella che li mette in condizioni di sfruttare ed esercitare un dominio totalitario.
PROLETARI RIVOLUZIONARI ! non lasciatevi ingannare né da chi vi sfrutta in luoghi di pena chiamati fabbriche, né dalle canaglie del P.C., le quali hanno mostrato sì di essere all’avanguardia, ma non della classe operaia, come sostengono, bensì della repressione ad ogni costo e della menzogna sistematica.
Il potere ha oggi bisogno di falsi nemici per nascondere quelli veri che annienteranno ogni potere separato: i proletari-rivoluzionari.
Reggio, a tre riprese successive, sia pure tollerando troppe confusioni al suo interno, si è ammutinata cancellando il potere dello stato e dei partiti, calpestando e prendendosi gioco dei recuperatori e becchini della sua rivolta (il Poliziotto Santillo ha difeso Ciccia Franco che, cercando di placare le acque, è stato scavalcato più volte dalle assemblee popolari; l’armatore Matacena che ha partecipato al corteo delle diecimila persone è stato spazzato via dai proletari allorché cercava di fermare la folla scatenata contro la polizia. Per questo gesto “civile” il “Corriere della sera” lo ha elogiato.)
È perché i proletari di Reggio hanno messo praticamente fuori legge i partiti e lo stato, che lo stato e i Partiti sono costretti a dichiarare Reggio intera fuori legge. In realtà è loro esistenza legale che sono costretti a difendere.
L’esempio di Reggio che oggi angoscia il fronte unito della borghesia italiana, non mancherà di essere raccolto e sviluppato dagli operai selvaggi del Nord.
I giornali fascisti, citando le scritte dei cartelli sulle barricate: “Reggio come Praga e Danzica”, ostentano per Reggio la stessa stupida allegria che ostentavano pochi giorni fa per la rivolta di Danzica e Stettino. S’illudono certamente che il proletariato rivoluzionario annienti la dittatura del partito cosiddetto comunista per sostituirne una più congeniale alla loro ideologia. Ma il Soviet operaio che per tre giorni a Stettino ha riunito in sé tutti i poteri di decisione e di esecuzione, organizzando l’armamento del proletariato contro la polizia e i burocrati del P.C., s’incarica di schernire i miserabili tentativi di recupero ideologico di destra e di sinistra.
A Stettino, come già a Kronstadt, a Torino nel 1921 e in Ungheria nel 1956, si è dimostrato quale forza i proletari rivoluzionari possano avere riuniti insieme in consigli operai autonomi, ma anche (poiché la rivoluzione non ha vinto definitivamente) i limiti che questi hanno avuto nella misura in cui non si è riusciti a generalizzare questa esperienza e a smascherare tutti i burocrati, sindacalisti, leaders-vedettes o sedicenti avanguardie, come ultimi rigurgiti del vecchio mondo che tenta il loro di sopravvivere, cacciandoli definitivamente.
Compagni, le bombe di Catanzaro costituiscono un’ulteriore articolazione del piano di annientamento premeditato della rivolta di Reggio. Se la strategia delle bombe non sarà sufficiente a tramortire la rivolta, l’esercito è già pronto. A CATANZARO, COME GIÀ A MILANO, LE BOMBE SONO ESPLOSE CONTRO IL PROLETARIATO ITALIANO.
VIVA i proletari rivoluzionari di Reggio Calabria!
VIVA lo sciopero selvaggio dei ferrovieri!
VIVA il granducato di Sbarre!
VIVA il granducato di Sbarre!
VIVA i compagni che nelle fabbriche di tutt’Italia stracciano la tessera del P.C.I. e del sindacato!
VIVA le lotte selvagge degli operai nelle fabbriche del nord!
VIVA IL POTERE ASSOLUTO DEI CONSIGLI OPERAI!
Compagni: non lasciatevi fermare qui: il potere e i suoi alleati hanno paura di perdere tutto; noi non dobbiamo avere paura di loro c soprattutto non dobbiamo averne noi stessi: “non abbiamo da perdere che le nostre catene e tutto un mondo da guadagnare”.
Torino, 4 febbraio 1971.
Gli amici dell’INTERNAZIONALE.