Per l’Organizzazione Consiliare, d’Este, Ghisleni, Ventura. Torino, 22 ottobre 1970.
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Tesi per la liberazione dal lavoro
Piccolo foglio murale a stampa, su carta rosa, tirato in mille esemplari ed affisso in diversi siti di Torino, in particolare Gran Madre, via Po e Palazzo Nuovo, Porta Palazzo, Piazza Crispi, Lingotto, nell’ottobre del 1970.
TESI PER LA LIBERAZIONE DAL LAVORO
- L’ideologia del lavoro è lo stratagemma con cui la società repressiva riesce a ritardare il trapasso generalizzato già ora possibile ad una società senza classi e libera dalla schiavitù del lavoro.
- Il mercato mondiale nella sua ultima fase: lo scambio dei prodotti materiali sussiste solo come forma economica in via di superamento; la forma più evoluta ed ormai realizzata su scala planetaria è lo SCAMBIO DI MERCI IDEOLOGICHE.
- Le ideologie, fondamento dell’attuale ricchezza delle nazioni, sono le merci nella loro moderna versione: il loro valore è dato dal tempo di consenso che riescono a garantire. Esse sono la forma in cui si manifesta il capitale ed è attraverso esse che si esercita il potere.
- L’ideologia scambiata tra gli stati, quelli comunisti non esclusi, viene poi distribuita al minuto al proletariato per essere consumata. Viene imposta sotto forma di LEGGE NATURALE: il lavoro come maledizione continua e la produzione come necessità ineluttabile.
- La logica del lavoro contiene però le condizioni per il suo totale superamento. Il capitale potrebbe oggi ridurre il tempo di lavoro della metà: le forze sedicenti rivoluzionarie includono nei loro obiettivi la riduzione progressiva del tempo di lavoro poiché rappresentano il dissenso concesso.
- La produzione imposta di merci materiali ed il consumo imposto di merci ideologiche si identificano e il salariato occupa le sue 24 ore alternativamente nell’una o nell’altra forma. La giornata lavorativa è ormai di 24 ore: vita produttiva e vita quotidiana coincidono ormai per la loro miseria.
- Nessuna forma di lavoro salariato, sebbene l’una possa eliminare gli inconvenienti dell’altra, può eliminare gli inconvenienti del lavoro salariato stesso. Perciò è indispensabile che il pensiero si armi nelle strade.
- Nella rivolta proletaria di Reggio Calabria, come prima di Caserta e Battipaglia, ciò è avvenuto. Il proletariato si è costituito in TEPPA per lanciare la sua sfida cosciente all’incoscienza dell’ordine costituito. La solitudine del proletariato ed il volto osceno e ghignante delle sue insurrezioni lasciano costernati i suoi oppressori ed i suoi falsi protettori.
- Gli amici napoletani di Agostino ed i devastatori calabresi hanno chiarito, per l’ultima volta, che la nuova lotta spontanea comincia sotto l’aspetto criminale e che si lancia nella DISTRUZIONE DELLE MACCHINE DEL CONSUMO PERMESSO.
- Oggi a Reggio i motivi di rivolta sono definiti “futili”. Infatti il proletariato non ha particolari motivi per ribellarsi poiché li ha TUTTI; non ha richieste particolari da rivolgere al potere poiché il suo obiettivo è la distruzione di OGNI POTERE che non sia quello esercitato dai CONSIGLI PROLETARI.
- I Consigli Proletari non chiederanno nulla di meno della distruzione di questa società, dell’abolizione del lavoro, dell’eliminazione violenta di ogni istituzione separata (scuola, fabbrica, prigione, chiesa, partito, etc.) poiché esisterà il potere decisionale di ciascuno nel potere UNITARIO ED ASSOLUTO dei Consigli.
- I Consigli Proletari non saranno nient’altro che l’inizio della costruzione da parte di tutti della VITA libera e felice oggi relegata nei desideri e nei sogni prodotti dall’infelicità dell’attuale SOPRAVVIVENZA.
- Proletari coscienti, che la maledizione del lavoro sia maledetta, che l’ineluttabilità della produzione diventi il suo lutto.
ORGANIZZAZIONE CONSILIARE
Torino, ottobre 1970.