L’ordine regna in Polonia: questa è la dichiarazione dei ministri polacchi che stanno assassinando la rivoluzione proletaria che sta sconvolgendo il loro potere così come lo mise in discussione a Poznam nel 1956. Nessuna speranza per gli idioti fascisti e reazionari di utilizzare per i loro loschi fini questa lotta rivoluzionaria: la violenza teppista dei proletari polacchi, così come di tutti i proletari attualmente in lotta, spazza in un colpo solo ogni ideologia, prima tra tutte quella reazionaria che vuole mantenere intatta la miseria sociale su cui può inserirsi la loro provocazione. Ma, nello stesso tempo, nessuna speranza neppure per i porci progressisti che chiedono – come fa il PCI – la “democratizzazione” delle strutture polacche: il proletariato sta mettendo alla gogna la burocrazia mondiale ed il sangue non può che rendere più rossa la prospettiva della RIVOLUZIONE MONDIALE ATTRAVERSO L’INSTAURAZIONE DEL POTERE ASSOLUTO DEI CONSIGLI PROLETARI, così come era avvenuto in Polonia ed in Ungheria nel ’56.
Così facendo i proletari polacchi si sono collegati praticamente con le lotte rivoluzionarie di tutto il mondo: le rivolte dei neri americani, gli scioperi selvaggi degli operai inglesi, l’insurrezione armata di Reggio Calabria. I rivoluzionari polacchi, realizzando la critica concreta della merce e del lavoro, indicano ancora una volta ai proletari coscienti la via da seguire e smascherano definitivamente, coll’incendio e la messa a sacco delle sedi politiche e sindacali, il vero volto dei sedicenti “comunisti” che, fingendo oggi di opporsi all’oppressione del capitalismo italiano ed internazionale, si preparano in realtà ad adottarne gli stessi metodi nel momento della loro ascesa al potere. Per questo sono i COMPLICI attuali della POLIZIA che ha assassinato i compagni di Milano e si preparano a diventare i BOIA DI DOMANI in emulazione all’operato dei loro complici polacchi.
I BUROCRATI DI TUTTI I PARTITI E DI TUTTI I SINDACATI NON SONO COMPAGNI!
I VERI COMUNISTI devono distruggere il potere del capitale, dello Stato e dei suoi servi, siano essi fascisti, poliziotti, burocrati dei partiti e dei sindacati. I sistemi di lotta impiegati dai compagni polacchi contro costoro (saccheggi, incendi, devastazioni, uso delle armi contro la polizia) devono essere attuati subito dai compagni italiani.
COMPAGNI RIVOLUZIONARI, incontriamoci in ASSEMBLEA martedì 22 dicembre alle ore 15 all’Università (Palazzo Nuovo: via S. Ottavio angolo via Verdi) per decidere forme pratiche di assalto al capitale (e realizzarle immediatamente) in modo da collegarci concretamente alle lotte eversive dei compagni polacchi.
La merce, il lavoro, la politica vanno aboliti, compagni, ed i loro servi sciocchi spazzati via.
Comunicato della libreria “La vecchia Talpa”, Milano, 13 ottobre 1971.
Commento di Joe Fallisi:
«Il volantino fu scritto da me immediatamente dopo un VERO tentativo di infiltrazione-provocazione subìto e sventato. Durante il 1971 ebbi a Milano, in corso Garibaldi 44, una libreria, La Vecchia Talpa, che rappresentò anche la prosecuzione sui generis delle mie (nostre) attività rivoluzionarie del 69-70 e riuscì a sopravvivere solo, anch’essa, poco più di un anno (quel che rimase del materiale lo passai al mio amico Primo Moroni ‑ costituì la base del settore ‟radicale” della Calusca). Tenevamo quasi unicamente libri, riviste e opuscoli di estrema sinistra antistalinista. La libreria rappresentò, logicamente, un punto d’incontro di vari compagni anarchici (ricordo Steve Del Grosso) e dell’ex-Ludd (Roby Ginosa, per esempio). A una certa epoca, com’è scritto nel volantino, giunse quell’anima nera, SICURAMENTE inviatoci dalle forze statali. L’unica cosa che mi rincresce, e non poco, è che, nell’urgenza di ‟far pulizia” e sventare possibili provocazioni anche peggiori, accomunai (accomunammo) al nome di costui come suo ‟collaboratore”, quasi fosse anch’egli senz’altro un infiltrato, un ragazzo di Parma, ‟Emiliano”, che invece, me ne convinsi poi, era stato solo plagiato dal Mondì. Cosa che successe d’altronde anche a qualcun altro del nostro giro a Milano senza tuttavia condurre a nessun esito catastrofico, perché l’infame, prima che accadessero fatti irreparabili, venne alla fine individuato e allontanato per sempre, durante una notte di tregenda ancora vivissima nel mio ricordo e, ne sono certo, anche in quello di Roby.
Programma dello spettacolo secondo i suoi veri scopi, ossia AVVISO AI PROLETARI DEL CENTRO STORICO. Genova, settembre 1971.
DI SEGUITO: Alla rappresentazione del ‟Genovese liberale” gazzarra indegna e aggressioni questa notte nel centro storico.
Articolo tratto dal Corriere Mercantile, Genova, 17 settembre 1971.
PROGRAMMA DELLO SPETTACOLO SECONDO I SUOI VERI SCOPI
ossia: AVVISO AI PROLETARI DEL CENTRO STORICO
Amici, questi riflettori che
gettano luce su di voi sono qui perché le potenze dominanti della città vi
hanno messo gli occhi addosso e vi si sono coalizzate contro.
La farsa a cui assistete non
deve farvi soltanto ridere. Se delle marionette teleguidate vogliono farvi
partecipare al loro teatro di burattini è perché gli affaristi che tirano i
fili della città hanno deciso che era ora che anche il centro storico venisse a
vivacizzare la trama dei loro affari.
Vogliono farvi recitare come comparse nello spettacolo della lotta di classe antica
perché hanno paura che viviate da
protagonisti la realtà della
lotta di classe moderna.
Come i mercanti dei secoli passati
mandavano i preti del buon dio a preparare il terreno alle guerre di conquista
per le proprie merci, così gli affaristi di oggi mandano ad aprire il passo
alle retate di polizia ed alle loro speculazioni i preti della cultura e dell’arte.
Al posto di dio, lo spettacolo è diventato il ruffiano del capitale e dello
stato, il cavallo di Troia di tutte le più immonde operazioni di commercio e di
polizia, che vogliono ridurre ogni istante della nostra vita a un ghetto da cui
sia eliminato tutto ciò che non è la compravendita.
È un pezzo ormai che i cani da
guardia del capitale vanno richiamando l’attenzione sui “centri storici”. Ciò
significa che la società capitalistica europea si sta accorgendo che è fallito
il suo tentativo di abolire la storia come il proletariato, e riscopre l’evidenza che esso appunto è il “centro
storico” della sua dissoluzione.
Gruppi di intervistatori,
commissioni di studio, fotoreporters scorrazzano da tempo nei quartieri al
seguito dei poliziotti e dei metronotte e poi abbaiano nei loro ambienti: “zona
di disgregazione sociale” per indicare la disgregazione delle loro vecchie
bande di affari legali ed illegali, “sentina di vizi” come chiamano la nostra
ricchezza di desideri umani, “decadimento del centro storico” ossia decadimento
degli investimenti dei loro padroni.
Sociologi, preti, uomini di
cultura progressisti, e ultimamente politicanti di “estrema sinistra” predicano
sui “disadattati”, “emigrati”, “criminali”, “capelloni”, “travestiti”,
“esclusi”: sono i nomi con cui la loro ridicola cultura si maschera gli esseri
umani radicalmente proletarizzati che questa società produce.
Come tutti i progressisti ed i
falsi rivoluzionari essi «nella miseria non devono che la miseria, senza
scorgerne il lato rivoluzionario, sovvertitore, che rovescerà la vecchia
società» (Marx).
Il basso prezzo delle case, la
forma delle vie e delle piazze che tiene lontano il mostruoso traffico delle
automobili, rende facile la protezione dalla polizia e favorisce l’incontro e
la comunicazione, la posizione centrale che evita la dispersione del pendolare,
fanno del centro storico il centro di una comunità proletaria radicale nel
cuore della città degli affari e della politica su cui tende a riversarsi.
Per questo i porci delle classi
dominanti odiano il centro storico. Non odiano le miserie che la loro civiltà
gli fa subire: le case fatiscenti, la mancanza di luce e di spazio, la vita
imprigionata nel lavoro o nella disoccupazione. Essi odiano i suoi abitanti
perché ne hanno paura e perché con la loro presenza la vita dell’essere umano
contrasta il dilatarsi della vita del capitale.
Quindi quando i porci parlano
di “valorizzare” il centro storico,
essi non intendono dare ai suoi abitanti i mezzi di affermare il proprio valore
realizzando positivamente la propria infinita ricchezza di bisogni umani, ma
vogliono dare alle case, ai loro edifici i mezzi di realizzare il loro valore
mercantile, facendo aumentare gli affitti fino ad espellerne gli attuali
abitanti.
Quando i porci parlano di “risanare” il centro storico è perché
vogliono trasformarlo in un cimitero. Musei, Università, botteghe di
antiquariato e d’arte, “istituzioni culturali” dovranno venire a rinsanguarne
il commercio col commercio che oggi ha più ricche prospettive, quello della
cultura morta e surgelata di cui stasera vi offrono un assaggio. I vermi che
vivono nel suo cadavere puzzolente, mercanti di desideri morti, pensieri morti,
morte sensazioni, mercanti d’arte e di cultura, professori, studenti dovrebbero
sostituire gli attuali abitanti e i loro vivi desideri rivoluzionari. E questi
dovrebbero essere dispersi nelle periferie, confinati ed isolati nei nuovi
lager dell’edilizia popolare.
Amici, non è del domani che
stiamo parlando, ma dell’oggi. Gli abitanti della zona di via Madre di Dio
stanno già subendo questi progetti: una nuova funebre Piccapietra sorgerà al
loro posto. Dovunque il progetto dei porci è lo stesso: distruggere ogni
struttura che rende ancora possibile la vita sostituendovi puri canali di
circolazione del denaro; distruggere la vita, essiccarla per sostituirvi la
morte.
Non vogliamo più essere
spettatori di un’apparenza di vita che si basa sulla nostra passività, sia che
tale vita apparente venga rappresentata nella cultura, sia che venga incarnata
nelle nuove città dove chi non ha denaro da spendere è superfluo.
Rifiutiamo oggi l’invasione
dello spettacolo per essere pronti a respingere l’invasione della speculazione
mercantile e poliziesca.
VIVA i rivoluzionari messicani
che nel ’68 cercarono di distruggere il grottesco spettacolo delle olimpiadi,
farsa della comunità internazionale!
VIVA il proletariato cinese che
approfittando della farsesca “rivoluzione culturale” tentò di distruggere
(oltre al partito) l’arte, la cultura, i loro specialisti.
VIVA i compagni detenuti che in
America stanno distruggendo la farsa del diritto, della giustizia e con essa
l’industria delle carceri.
VIVA il proletariato dei centri
storici d’Irlanda, che col derisorio pretesto della religione sta minando le
basi della rinomata democrazia inglese.
Società per il mantenimento del
carattere “criminale” del centro storico
Volantino firmato “i compagni consiliari”, Torino 31 maggio 1971.
I PROLETARI VOGLIONO IL COMUNISMO SUBITO!
Sabato è stato un giorno di festa proletaria. Per diverse ore abbiamo attaccato la realtà di merda che tutti (capitale, burocrati e falsi rivoluzionari) vorrebbero imporci. Il solito corteo del sabato pomeriggio è stato stravolto dall’intolleranza di un migliaio di proletari che si sono posti nella linea di lotta rivoluzionaria che da tempo si sta aggirando per il mondo e che come Detroit Stettino e Reggio insegnano, non dimostra il minimo rispetto per gli schemi ‟civili e democratici” imposti dal capitale ed accettati dagli pseudo‟comunisti”. Il proletariato crea nei momenti più alti delle sue lotte delle forme di autogestione comunista che indicano come la distruzione di tutto il vecchio mondo per la realizzazione del comunismo passa attraverso la violenza collettiva, il gioco della devastazione liberatoria e la rivoluzione nella propria vita quotidiana.
I proletari non vogliono riforme ma l’abolizione del lavoro.
I proletari non vogliono tutto (merda compresa) ma il meglio assoluto.
i compagni consiliari
cicl. in proprio
Torino 31.5.71
(la sede non è indicata per evitare devastazioni dei carabinieri)
DIDASCALIA IMMAGINE:
IL VOLTO OSCENO E GHIGNANTE DEL PROLETARIATO DISTRUGGE CON IL SUO APPARIRE IL MONDO MARCIO DELLA IDEOLOGIA
‟Di fatto, il regno della libertà comincia soltanto là dove cessa il lavoro determinato dalla necessità e dalla finalità esterna; si trova quindi per sua natura oltre la sfera della produzione materiale vera e propria” (K. Marx, Il Capitale)
SUL RETRO:
IL CAPITALE SGUINZAGLIA I SUOI CANI DA GUARDIA: LA STAMPA – IL P.C.I. – I SINDACATI E TUTTI GLI SCIACALLI CHIEDONO LA REPRESSIONE VIOLENTA DELLA FELICITÀ IN ARMI
7 MAGGIO un giorno qualunque LA SCUOLA NON SI FREQUENTA MA SI ABOLISCE
APPELLO ALLA LATENZA RIVOLUZIONARIA DEI GIOVANI AFFINCHÉ, ROTTI I CEPPI CHE ANCORA LI TENGONO AVVINTI ALLA MISERIA DELLA SOPRAVVIVENZA, INAUGURINO LA GIOIA COLLETTIVA NELLA DISTRUZIONE DELLA MODERNA SOCIETÀ AL FINE DI APPROPRIARSI DELLA VITA.
˚˚˚˚˚˚˚˚˚˚
Appare chiaro a tutti che l’individuazione del nemico è la condizione necessaria, anche se non sufficiente, affinché ciascuno prenda coscienza dei propri compiti e quindi inizi a lottare.
Gli studenti, nella storia di questi ultimi anni di lotte, hanno individuato vari nemici, volta a volta con discreta lucidità o con cecità ideologico-corporativa assai grave.
Tuttavia, per lo più, non si sono resi conto che il primo nemico da battere è dato da LORO STESSI, dalla grossa parte di miseria che ancora li pervade e rende schiavi supini della sopravvivenza imposta, se non idolatri dell’adulterato mondo di quei fottuti storici che essi considerano adulti.
Gli studenti (cioè tutti coloro che accettano il proprio ruolo sociologico datogli dall’andare in una scuola) sono in pratica i complici dell’OPPRESSIONE QUOTIDIANA che viene perpetrata nei loro confronti.
Costoro, merci da raffinare per essere immesse nel mercato del consumo di ideologia e di consenso, subiscono passivamente anni di sudditanza famigliare (il ricatto affettivo impedisce loro di vedere l’identità tra il poliziotto ed il padre sempre pronto ad adottare i metodi tipici delle polizie di tutto il mondo ogni volta che le cose non vanno come vuole lui, cioè ogni volta che il figlio non si presenta come capitale variabile nell’accumulazione accelerata di “riconoscenza famigliare”).
Costoro, del pari, sono incasellati sin dall’infanzia in quegli schemi di repressione sessuale che li accompagneranno per tutta la loro esistenza e che essi stessi dovranno aver ben cura di riprodurre (la sessualità orale ed anale che fino all’età prescolare si manifestava libera ed aggressiva, castrata con l’inizio delle scuole, si ripresenta in squallide pratiche ideologizzate dalle quali il piacere è bandito e che sono il tremulo fantasma della reale espressione dell’attività genitale di individui liberi).
Costoro infine, per ottenere la dignità dell’esser VISTI e cioè USATI nella società, sono costretti a percorrere un iter scolastico aberrante che significa la peggiore DEFORMAZIONE degli individui messa in atto da quegli infelici sbirri che sono i professori (e lo sono tutti coloro che accettano il ruolo sociale di “insegnante”). Tutta questa merda da ingoiare sorridendo serve loro come PREPARAZIONE per inghiottire di buon grado lo stronzo più grosso che gli viene approntato: l’ergastolo del LAVORO.
Ma la complicità degli studenti con l’oppressione che subiscono (e che subiranno sempre più nella misura in cui diventeranno UOMINI, cioè, per la società del capitale, delle MERCI utilizzabili per il loro valoro di scambio) risulta del tutto evidente quando, allorché genuini sentimenti di rivolta nascono dall’insopportabilità della loro condizione, non sanno far di meglio che affidarsi ad altri infelici loro pari – i cosiddetti parlamentariextra che, da allievi un po’ somari, non sanno far di meglio che sognare di prendere il posto dei loro padroni-professori per cui Mao, espressione della massima concentrazione di spettacolo burocratico, è l’oggetto delle loro eiaculazioni penose –. In questo modo essi pongono se stessi NON come soggetti una RIVOLTA GENERALIZZATA ma come, e nuovamente, MERCI nel mercato della CONTESTAZIONE. E il poter urlare nelle strade slogans a dir poco raccapriccianti è il loro unico modo per sentirsi vivi, mentre sono dei FANTASMI.
È ORA DI AVERNE LE PALLE PIENE DI TUTTO CIÒ.
È ORA CHE GLI STUDENTI, NEGANDOSI COME TALI (E CIOÈ AFFERMANDOSI COME PERSONE, COME PROLETARI RABBIOSI) IMPONGANO LOTTE CHE ABBIANO PER FINE LA FELICITÀ COLLETTIVA ATTRAVERSO LA DISTRUZIONE DELLE STRUTTURE REPRESSIVE (scuola, famiglia etc.).
L’INTOLLERANZA È FONDAMENTALE PER LA VITA.
A.A.A. CERCASI LETTERATI, INDISCUSSA FEDE PROLETARIA, QUINQUENNALE ESPERIENZA NON MILITANTE, POSSIBILMENTE LOGORATI IN PRATICHE GRUPPUSCOLARI, ATTUALMENTE IN PREDA A PROFONDA DISPERAZIONE, REFERENZE POLIZIESCHE CONTROLLABILI, FAMA DI PROVOCATORE GRADITA, PER LA STESURA DI SCRITTI CONCERNENTI I MOMENTI NODALI DELLA VITA QUOTIDIANA. INVIARE CURRICULUM PENALE.
Scritto di 5 pagine a opera di Valerio Bertello e Pier Franco Ghisleni.
Testo firmato Gli amici dell’INTERNAZIONALE, Torino, 4 febbraio 1971.
Volantino infarcito di elementi linguistici tardosituazionisti. Non è un elaborato dell’Organizzazione Consiliare. Potrebbe essere attribuito ad un cenacolo di 3-4 persone, allora attivo in un appartamento del Lungo Dora torinese, animato da una giovane donna, tale C.M. (P.F.G.)
LE BOMBE DI CATANZARO SONO ESPLOSE CONTRO IL PROLETARIATO
“Lo stato è sempre al di sopra di ogni sospetto” (da un diario segreto di un agente di P.S.)
Compagni,
lo sciopero generale, lo
scatenamento della guerriglia, le barricate permanenti, ancora una volta
suonano a morto alle orecchie sensibili della borghesia e dello stato capitalista.
In questi giorni il governo, spalleggiato dal partito cosiddetto comunista,
specializzato in repressioni proletarie (esperienze accumulate in oltre 50 anni
di complicità con le dittature sul proletariato dei partiti comunisti nei paesi
cosiddetti socialisti e di astuzie sindacali repressive), ha già fatto scattare
il suo goffo e macabro piano di annientamento della rivolta di Reggio.
Sono di questi giorni le intimidazioni
violente, le bombe provocatorie e poliziesche destinate a tramortire la rivolta
per il tempo necessario a ripristinare l’ordine. La borghesia italiana, dopo
avere tentato invano una repressione a freddo, è costretta a iniziare una
strage a caldo.
Per la prima volta, dopo le
episodiche rivolte di Avola e Battipaglia, una intera città, nel cuore dello
sfruttamento capitalistico, ha organizzato in modo permanente la propria
insurrezione.
Nello scandalo permanente di
una città che, mantenuta in un vero e proprio stato d’assedio si è
selvaggiamente ammutinata, annientando ogni potere statale ed amministrandosi
da sola, i padroni di oggi vedono minacciosamente prefigurarsi la loro
sconfitta di domani. Gli organi burocratico-amministrativi del dominio
capitalistico sono stati ripetutamente saccheggiati e ridicoleggiati dai
proletari rivoluzionari di Reggio. E così l’apparato propagandistico borghese
(radio, televisione, stampa di destra e di sinistra), nel tentativo disperato
di dare a tutti i costi una ragione per lui accettabile del crollo degli organismi
burocratici, economici e sociali, s’invischia in penose contraddizioni e ricorre
a calunnie sempre più spinte. I proletari di Reggio devono essere trasformati
in “squadracce fasciste” (che terrorizzerebbero i bravi cittadini desiderosi di
riprendere al più presto il loro onesto lavoro); si tenta così di prendere
sempre lo stesso piccione con due fave: utilizzando propagandisticamente il miserabile
tentativo di strumentalizzazione da parte di neo-fascisti e contemporaneamente
accreditando la versione interessata degli stalinisti del P.C. sul pericolo
fascista, come arma per coprire ogni voce che non sia quella al soldo dei
padroni.
La
smentita di queste calunniose mistificazioni è venuta cori l’adesione massiccia allo sciopero generale, con il corteo di diecimila persone
sanguinosamente attaccato da
polizia e carabinieri e con le
scritte popolari contro lo stato e la polizia.
I due
poli dell’ideologia capitalista,
quello padronale e quello riformista, si
completano a vicenda. Insieme all’Unità è il giornale di Agnelli
il più coerente ed ostinato nel dipingere la rivolta di Reggio con le tinte
dell’arretratezza semifeudale e
del nostalgico impossibile ritorno al passato. La borghesia di oggi rispolvera l’ideologia
dell’arretratezza ideologica del Sud, in nome della quale lo stato capitalista borghese, meno di cento
anni fa, represse coll’esercito i contadini insorti contro la condanna allo sfruttamento e alla miseria che i padroni
del nord avevano decretato per
loro.
Allora
l’unità d’Italia serviva
ai padroni capitalisti per unificare lo
sfruttamento, articolando territorialmente i modi dello sviluppo
industriale sulla base delle esigenze del profitto.
Oggi invece è contro l’unità
reale del proletariato rivoluzionario che è costretta a difendersi la borghesia
attuale.
L’ideologia borghese dell’arretratezza del Sud mostra di essere in
realtà l’arretratezza dell’ideologia.
La nuova epoca rivoluzionaria
riporta sulle strade e sulle piazze i vecchi nodi storici, perché solo i
problemi più antichi permettono di scoprire le soluzioni più moderne e radicali.
COMPAGNI OPERAI, nella ripresa
produttiva e delle altre attività burocratico amministrative, governo e padroni
concordano nel riconoscere il “ritorno alla normalità”; il ritorno cioè dell’unica
normalità che essi ammettono: quella che li mette in condizioni di sfruttare ed
esercitare un dominio totalitario.
PROLETARI RIVOLUZIONARI ! non
lasciatevi ingannare né da chi vi sfrutta in luoghi di pena chiamati fabbriche,
né dalle canaglie del P.C., le quali hanno mostrato sì di essere all’avanguardia,
ma non della classe operaia, come sostengono, bensì della repressione ad ogni
costo e della menzogna sistematica.
Il potere ha oggi bisogno di
falsi nemici per nascondere quelli veri che annienteranno ogni potere separato:
i proletari-rivoluzionari.
Reggio, a tre riprese
successive, sia pure tollerando troppe confusioni al suo interno, si è
ammutinata cancellando il potere dello stato e dei partiti, calpestando e
prendendosi gioco dei recuperatori e becchini della sua rivolta (il Poliziotto Santillo
ha difeso Ciccia Franco che, cercando di placare le acque, è stato scavalcato più
volte dalle assemblee popolari; l’armatore Matacena che ha partecipato al corteo
delle diecimila persone è stato spazzato via dai proletari allorché cercava di fermare
la folla scatenata contro la polizia. Per questo gesto “civile” il “Corriere
della sera” lo ha elogiato.)
È perché i proletari di Reggio
hanno messo praticamente fuori legge
i partiti e lo stato, che lo stato e i Partiti sono costretti a dichiarare
Reggio intera fuori legge. In realtà
è loro esistenza legale che sono
costretti a difendere.
L’esempio di Reggio che oggi
angoscia il fronte unito della borghesia italiana, non mancherà di essere
raccolto e sviluppato dagli operai selvaggi del Nord.
I giornali fascisti, citando le
scritte dei cartelli sulle barricate: “Reggio come Praga e Danzica”, ostentano
per Reggio la stessa stupida allegria che ostentavano pochi giorni fa per la
rivolta di Danzica e Stettino. S’illudono certamente che il proletariato
rivoluzionario annienti la dittatura del partito cosiddetto comunista per
sostituirne una più congeniale alla loro ideologia. Ma il Soviet operaio che per
tre giorni a Stettino ha riunito in sé tutti i poteri di decisione e di esecuzione,
organizzando l’armamento del proletariato contro la polizia e i burocrati del
P.C., s’incarica di schernire i miserabili tentativi di recupero ideologico di
destra e di sinistra.
A Stettino, come già a
Kronstadt, a Torino nel 1921 e in Ungheria nel 1956, si è dimostrato quale forza
i proletari rivoluzionari possano avere riuniti insieme in consigli operai
autonomi, ma anche (poiché la rivoluzione non ha vinto definitivamente) i
limiti che questi hanno avuto nella misura in cui non si è riusciti a
generalizzare questa esperienza e a smascherare tutti i burocrati,
sindacalisti, leaders-vedettes o sedicenti avanguardie, come ultimi rigurgiti
del vecchio mondo che tenta il loro di sopravvivere, cacciandoli definitivamente.
Compagni, le bombe di Catanzaro
costituiscono un’ulteriore articolazione del piano di annientamento premeditato
della rivolta di Reggio. Se la strategia delle bombe non sarà sufficiente a
tramortire la rivolta, l’esercito è già pronto. A CATANZARO, COME GIÀ A MILANO,
LE BOMBE SONO ESPLOSE CONTRO IL PROLETARIATO ITALIANO.
VIVA i proletari rivoluzionari
di Reggio Calabria!
VIVA lo sciopero selvaggio dei
ferrovieri!
VIVA il granducato di Sbarre!
VIVA il granducato di Sbarre!
VIVA i compagni che nelle
fabbriche di tutt’Italia stracciano la tessera del P.C.I. e del sindacato!
VIVA le lotte selvagge degli
operai nelle fabbriche del nord!
VIVA IL POTERE ASSOLUTO DEI
CONSIGLI OPERAI!
Compagni: non lasciatevi
fermare qui: il potere e i suoi alleati hanno paura di perdere tutto; noi non
dobbiamo avere paura di loro c soprattutto non dobbiamo averne noi stessi: “non
abbiamo da perdere che le nostre catene e tutto un mondo da guadagnare”.
Volantino fronte/retro. Al recto violenta polemica per un accordo Fiat-sindacati, con insulti al direttore del personale pro tempore, Umberto Cuttica, ed ai sindacati che hanno approvato l’accordo per un aumento salariale di 5mila lire. Al verso surreale strip antisindacale, presa da qualche magazine satirico francese (Hara-Kiri? Charlie Hebdo? Actuel?) ma con lettering modificato. Diffuso agli stabilimenti Fiat di Lingotto e Mirafiori. (P.F.G.)
Lettera senza data. Scritta dalla latitanza da Carlo Ventura, Riccardo d’Este, Ada Fusco e M. Repetto, per il nucleo viaggiante ‟Agostino ’o pazzo” aderente all’Organizzazione Consiliare.
COMUNICAZIONI
DI DUE ASSENTI FORZATI E DELLE LORO COMPAGNE AI MEMBRI TUTTI DELL’ORGANIZZAZIONE
CONSILIARE
La nostra assenza forzata,
resasi necessaria onde sottrarsi al braccio della legge con i suoi intenti
provocatori, non deve assolutamente influire in modo negativo sull’attività
teorico-pratica dell’O.C. Deve invece indurirei e spingerei in modo ancora più
reiterato e rivolto in maniera non equivoca alla completa realizzazione del
progetto di distruzione del sistema sociale esistente.
È pertanto buona cosa che dei
compagni debbano latitare perché si sono dimostrati coerenti con le tesi
formulate; sarebbe però pessima cosa se questo portasse ad una stasi (momento
di riflusso) sia nei latitanti sia in coloro che restano. Il nostro essere
“organizzati” deve saper far fronte a questa contingenza, ed uno dei nostri
maggiori compiti è quello di stravolgere il disegno poliziesco che, colpendo
coloro che essi – con ottusità tipica
dei servi – considerano i “capi”, vorrebbe costringere così tutti gli altri ad
una posizione di difesa. Bisogna pertanto inficiare il programma repressivo il
cui fine non è necessariamente quello di sbatterci in galera (ma anche questo, beninteso,
se gliene si offre la possibilità) ma quello invece di togliere fuori dalla
mischia coloro che, a loro avviso, sono tra i più facinorosi onde acquietare la
virulenza rivoluzionaria dell’O.C. tutta.
D’altra parte noi tutti ci
attendevamo la risposta dura del sistema non appena la nostra azione si fosse
misurata direttamente con il reale, cercando di smuoverlo ed attaccarlo. Ed
oggi sarebbe errato meditare su eventuali “errori tecnici”, poiché solo con una
continuità eversiva sempre più dura ed organizzata sarà possibile evitarli e
darci quella struttura per nuclei violenti che tutti aspettiamo e che la
situazione storica presente sempre più richiede.
È importante quindi assumerci
sino in fondo la paternità rivoluzionaria (ma non soltanto coram populo, ma
ancor più nell’intimo dei nostri cuori) dei gesti sinora compiuti e di tutti
quelli che, con una giusta scalata, vorremo compiere. Così come è indispensabile
vigilare sulla teoria affinché essa sia sempre uno strumento affilato nelle
mani dei rivoluzionari e non si trasformi nell’ideologia della “lotta politica”
e nello spettacolo di noi stessi, quali attori qualsivoglia sul palcoscenico
del sinistrismo e del recupero. La disfatta dei recuperatori è possibile solo
avendo sempre reazioni spropositate (in base alla spropositatezza delle nostre
posizioni teoriche) rispetto a ciò che si attendono i registi della politica. Sconfiggiamo
dunque il disegno poliziesco (cui si prestano i politici, nessuno escluso)
continuando in maniera pertinace la critica teorico-pratica di tutto
l’esistente e dimostrando al capitale ed ai suoi cani da guardia che la
contingenza (due membri coscienti latitanti) non muta l’essenza dell’O.C. il
cui compito rimane la vigilanza teorica e l’eversione violenta, non
trasformando la pratica dell’omogeneità in un “soccorso rosso” sterile ed
impotente.
A questo punto però è
necessario realisticamente trovare le nuove articolazioni, nuove perché la
situazione è diversa, con le quali sia noi che voi possiamo collaborare
attivamente e creativamente al medesimo progetto.
I nostri compiti nella situazione
attuale potrebbero essere:
– elaborazione di testi
fondamentali (opuscoli etc.) ed articoli per Acheronte non esclusi i compiti
più squisitamente redazionali (ci è possibile farlo data la grossa quantità di
tempo, sia pur borghesemente inteso, che abbiamo a disposizione).
– contatto con consiliari
incoerenti e gente varia in diverse città d’Italia (Genova, Roma, Firenze
etc.), onde addivenire alla formazione di O.C. sul tessuto nazionale. A questo
proposito non sarebbe cattiva cosa se vi deste da fare per reperire il maggior
numero di indirizzi e notificarceli o, addirittura, ci fissaste voi
direttamente degli incontri (ciò per essere certi di trovare qualcuno e non
perdere tempo, oltre al rischio di dormire negli alberghi). (Nota: se il
progetto riesce dovremo ringraziare il sistema che con un’azione di forza ci ha
sradicati da Torino in cui, bene o male, c’era il rischio di fossilizzarci, di
porci in una condizione paraburocratica e di chiudere un po’ troppo il nostro
orizzonte (che invece, come tutti sanno, non è altro che una linea
immaginaria).
I vostri compiti,
evidentemente, non possono mutare da quelli già precedentemente e comunemente
fissati. D’altra parte (e lo faremo presto con testi acconci) pensiamo sia
corretto che noi stessi, nella n1isura possibile, partecipiamo alle vostre
scelte non solo teorico-metodologiche, ma anche pratico-organizzate. Questo per
mantenersi comunque conformi, nonostante le difficoltà, alle tesi relative alla
trasparenza ed all’interscambiabilità dei membri.
Comunque, per ora, pensiamo che
sia indispensabile:
1) far funzionare immediatamente
i nuclei di intervento, collegandoli al più generale problema dei nuclei
abitazionali. Sarà necessario interrompere sine die i rapporti con tutti
coloro, che, pur manifestando simpatia o addirittura adesione all’O.C., non si
impegnino (secondo le proprie capacità ed inclinazioni) attivamente al
programma dell’O.C.
2) rendere sempre più autonomo
il lavoro di nucleo, ferme restando scadenze comuni (che vanno peraltro
intensificate) come assemblee, azioni collettive, pubblicazioni etc. A questo
fine sarà inevitabile una ristrutturazione quantitativa dei nuclei (quello di
intervento operaio contro il lavoro ed il suo tempo morto, ad es., è
insufficiente) e soprattutto una intensificazione degli interventi, in modo da
non cadere nella trappola burocratica delle “scadenze politiche” ma imponendoci
noi stessi le nostre scadenze.
3) svolgere un fitto lavoro di
propagazione di teoria con azioni idonee e diffusione di testi, non soltanto
per “reclutare’” compagni ma soprattutto per impedire la messa in atto di
calunnie che vanno respinte con il massimo rigore, così come tutte le
provocazioni anticonsiliari (contro tutta l’O.C. o contro suoi membri) vanno
soffocate con la violenza pratica, nonché teorica.
4) intensificare la vigilanza
all’interno dell’O.C., non solo per smascherare con metodi acconci (il migliore
evidentemente è quello della massima socializzazione della propria creatività)
delatori, provocatori, infiltrati vari, ma, del pari, per smascherare, bollare
e quindi scacciare i pavidi, i volontariamente inetti, gli ottenebrati cronici,
gli ideofagi, i “compagni di strada” (peggio delle troie), gli opportunisti, i
dogmatici etc.
Su tutti questi argomenti (e molti
altri, più specifici ancora) ritorneremo più diffusamente altre volte, con
regolare periodicità (2-3 lettere settimanali, più i vari testi teorici).
Al fine del regolare
svolgimento dei nostri rapporti epistolari vi consigliamo, per non oberare
eccessivamente alcuni compagni più diligenti, di nominare un nucleo ruotante di
corrispondenza ed informazione, in modo che più persone, volta a volta, si
impegnino in questo tipo di lavoro che, se andassero a buon fine i contatti con
altre città, potrebbe diventare un punto essenziale.
È peraltro evidente che tutti
coloro che intendono scriverci per loro conto ci faranno molto contenti.
W LA TEPPA ROSSA ORGANIZZATA
W IL POTERE ASSOLUTO DEI
CONSIGLI PROLETARI
W IL PIACERE DELLA RIVOLUZIONE
E LA RIVOLUZIONE DEL PIACERE.
Per il nucleo viaggiante
“Agostino ’O PAZZO”
aderente all’Organizzazione
Consiliare:
C. Ventura, R. d’Este, A.
Fusco, M. Repetto.
P.S. Gradiremmo notizie sulla
lotta antiGennero del nucleo Babeuf.
((POSTILLA IMPOSTA DA CARLO:
Nel caso la latitanza perdurasse
per molto tempo (un mese o più) potremo svolgere, e di questo se ne occuperebbe
Carlo in maniera specifica, una“consulenza”
sui problemi personali e di vita quotidiana di qualunque genere.
1) un
aiuto concreto
a voi nella vostra continua critica del vecchio mondo e delle sue miserie, vista la provata esperienza di Carlo e
Riccardo e la loro continua
disponibilità ad aiutare ogni compagno che si trovi in difficoltà, poiché essi pensano che la risoluzione di un
problema, anche se “personale”,
superi la contingenza della persona stessa e debba venir socializzato tra tutti i rivoluzionari.
2) servirebbe inoltre a rendere
meno isolati due “esiliati” ed a far loro sentire più da vicino la presenza
dell’organizzazione la quale li tiene in considerazione non soltanto per motivi
squisitamente politici.
PERCIÒ SCRIVETECI.
P.P.S. Mandateci l’indirizzo di
Sergio ed altri indirizzi che voi reputiate a noi utili.
Il testo è stato redatto a Genova nel gennaio 1971, immediatamente dopo i fatti di Polonia. Stampato dalle Edizioni international, Savona, presso la Tipografia Gazzo, Genova Sampierdarena, Gennaio 1972.