Volantino con appunti firmato “un gruppo di rivoluzionari incazzati e decisi a sventare con i fatti ogni ulteriore provocazione”. Senza data e luogo, quasi di certo Milano nel dicembre 1972.
Comunicato ai proletari Volantino contro le calunnie dell’Espresso e di Avanguardia operaia.
Agli sciacalli di “AVANGUARDIA OPERAIA”
Pur essendo a conoscenza dell’odiosa provocazione da voi ordita in seguito al tentativo di alcuni rivoluzionari di trasformare in effettivo attacco anticapitalista il rituale istituzionalizzato del 12 dicembre, non abbiamo ritenuto interessante smentire le grossolane calunnie diffuse attraverso il vostro giornale, coscienti che esso si rivolge ad un inoffensivo pubblico di studenti ed ad una tribuna di operai in cerca di qualificazione burocratica, i quali tutti insieme poco hanno a che spartire con la moderna rivoluzione proletaria.
Nei momenti di scontro reale, come è parzialmente avvenuto a Milano, risulta sempre più evidente l’interesse materiale e ben specifico che la vostra e analoghe bande hanno nel cercare di reprimere, screditandoli, tutti quegli individui che, rifiutando strutture organicamente e coscientemente all’interno delle caratteristiche peculiari del capitale, sono, proprio per questo, capaci di comunicare il proprio slancio rivoluzionario a tutti quelli che sono disposti a criticare il proprio grigio ruolo di servi della milizia, di militanti della servitù.
Non a caso, fra le persone che si sono riconosciute anche per pochi attimi nella gioiosa antilegalità del 12 dicembre, vi erano dei militanti di A.O., subito duramente redarguiti dai loro padroni, che ben capivano il pericolo (per loro stessi) dell’autonoma radicalità, della nascente comunità di azione: senza dubbio il pericolo maggiore per ogni burocrazia è che gli individui prendano coscienza della propria voglia di vivere e della necessità di manifestarla.
La critica al potere della burocrazie è in pari tempo la critica all’inerzia delle leggi del capitale, inerzia che, devitalizzando e riducendo l’uomo a puro strumento del processo di riproduzione dell’esistente, esclude l’umanità dalla vita, istituisce il dominio marmoreo dell’inorganica, sancisce il dominio della morte.
Non contenti delle becere calunnie del vostro organo ufficiale, avete creduto opportuno cercar di diffondere ulteriormente le vostre menzogne attraverso l’”Espresso”, mercato nazionale delle merci ideologiche dei più disparati rackets della “sinistra” parlamentare ed extra, ma non riuscivate a veder riprodotte tutte le vostre infami delazioni, forse per quel certo senso di pudore borghese accortamente usato dal questo giornale.
Una presa di posizione si rende ora necessaria nel momento in cui le menzogne da voi diffuse assumono un preciso significato delatorio perché tendenti ad attribuire ai comontisti, rivoluzionari ostinatamente perseguitati dalla polizia, la responsabilità personale di determinate azioni radicali.
Contemporaneamente tali menzogne diventano calunniatorie in quanto a queste azioni, e a coloro che in esse si riconoscono, viene attribuita per scopi bassamente “politici” una matrice fascista ed antiproletaria.
I rivoluzionari sono proletari, non popolo.
Crepate in fretta.
Firmato: un gruppo di rivoluzionari incazzati e decisi a sventare con i fatti ogni ulteriore provocazione.
Volantino comontista contro le calunnie dell’Espresso e di Avanguardia operaia a proposito della manifestazione del 12 dicembre 1972 a Milano. Senza data e luogo, quasi di certo Milano nel dicembre 1972.
È noto ad ogni sincero proletario come l’odio e la calunnia abbiano sempre seguito da vicino ogni attività effettivamente rivoluzionaria. Pertanto noi comontisti non ci siamo mai stupiti, e nemmeno rammaricati, che tale sorte fosse pure a noi riservata, traendo anzi da ciò ulteriore stimolo per radicalizzare ulteriormente le nostre pratiche. Ma siamo anche ben coscienti del fatto che la calunnia e la delazione vogliono raggiungere il risultato di ostacolare, se non soffocare, la nostra attività anche fisicamente, quando non poliziescamente e penalmente. E siamo altrettanto coscienti che questi metodi, fatto ben più grave, hanno il fine preciso e politico di frastornare i proletari e di mortificarne la rabbia gettando discredito sulla violenza antilavorativa e antisociale e creando cordoni sanitari intorno alle forze fattualmente rivoluzionarie; si intende così calunniare il comunismo reale per fornirne in suo luogo una immagine burocratica, produttivistica, autoritaria e noiosa. Pertanto smascherare calunnie e calunniatori è indispensabile, soprattutto per bloccarne il fine politico, in specie quando menzogne e/o delazioni raggiungono una virulenza ed una vastità di diffusione tali da poter essere realmente (cioè sul terreno dello scontro di classe e non al livello di amministrazione di ideologie) di ostacolo e di danno all’espandersi delle pratiche rivoluzionarie. Per quanto riguarda noi comontisti, ciò è avvenuto quando l’Espresso ha ripreso un articolo apparso su Avanguardia Operaia, organo di un omonimo gruppo che opera sul mercato dell’ideologia falsamente “estremista”. In tale articolo costoro, che furono tra i primi diffusori di calunnie nei nostri confronti, ripetono stancamente, anche se con particolare violenza, le consuete accuse: cioè di manifestare una violenza irresponsabile e di essere quindi una congrega di provocatori, nonché pagati dalle questure, fascisti, drogati (!?), agenti di polizia, spie, etc., costituitasi in gruppo (?), tal “COMMONTISMO” (?). E di aver agito in quanto tali in occasione dei tumulti proletari del 12 dicembre scorso a Milano. La gravità, oltre alla particolare stupidità di tali calunnie non è superiore a quella manifestatasi in altre occasioni; tuttavia tre motivi ci spingono a prendere per la prima volta pubblicamente posizione contro di esse: – la pubblicità data alle calunnie da un giornale della diffusione de l’Espresso ci impone di prendere pubblicamente (nel senso: a livello di pubblica opinione) la parola contro i calunniatori. – vogliamo evitare che si crei intorno ai comontisti quel clima di linciaggio morale che rese il gruppo “XXII Marzo”, e Valpreda in particolare, facili bersagli di una reale provocazione poliziesca. – vogliamo rendere chiaro come i metodi stalinisti usati da quelle organizzazioni, sedicenti rivoluzionarie, che vivono la logica del racket, rivelino la loro collocazione antirivoluzionaria, poiché ripropongono rapporti essenzialmente capitalisti, cioè di tipo mafioso, per cui la calunnia e la delazione divengono strumenti fondamentali. Sarà compito di tutti gruppi e di tutti i compagni singoli che non condividono questo tipo di pratiche anticomuniste e tendenti a gettare calunnie nei confronti non solo di alcuni rivoluzionari, ma della rivoluzione stessa, prendere pubblica posizione, sia dando risalto al nostro comunicato, sia mettendo sotto accusa la logica della diffamazione ed i loro diffusori. D’altra parte, nella misura in cui siamo assolutamente CERTI della coerenza e trasparenza rivoluzionaria dei nostri compagni ed altrettanto CERTI della malafede dei nostri accusatori così come della infondatezza delle calunnie – sfidiamo le organizzazioni che, ufficialmente e/o come presa di posizione del singolo militante, da anni alimentano il flusso di calunnie che ciclicamente ci investe, A DARE FINALMENTE RAGIONE DELLE LORO MENZOGNE. Questo confronto dovrà avvenire a livello di PROVE CONCRETE e di FATTI INEQUIVOCABILI. Pertanto sfidiamo costoro ad organizzare una PUBBLICA ASSEMBLEA in cui essi dovranno PROVARE (il che sappiamo già fin d’ora essere impossibile) le infami accuse contro i comontisti e/o alcuni di loro e GIUSTIFICARE la loro pratica anticomunista di delazione alle polizie, pratica che li unisce a tutti gli organi di stampa dichiaratamente borghesi e riformisti. – Li sfidiamo, del pari, a pubblicare questo nostro comunicato sulla loro stampa. Il loro silenzio e la loro eventuale non disponibilità su questo terreno renderà chiaro a chiunque qual è la base e quale il fine di questa grossa montatura provocatoria. A quel punto sarà nostro piacere, e dovere di ciascun sincero proletario, ricacciare in gola ai calunniatori le loro verminose diffamazioni. Da parte nostra, secondo la trasparenza che sinora ci è stata abituale solo con gli effettivi compagni, siamo disposti a dibattere pubblicamente ogni fatto inerente le accuse specifiche, così come stiamo approntando un opuscolo in cui tutte queste questioni (ed in specie la manovra politica che vi è sottesa) verranno organicamente affrontate, di modo che tutti i rivoluzionari (o quanto meno le persone sincere) possano essere totalmente informati, in modo da poter assumere posizione inequivoca. D’altra parte, però, sottolineiamo il fatto che con costoro NON SIAMO DISPONIBILI ad alcun confronto politico e teorico, poiché rifiutiamo il terreno del maneggio politico e burocratico in cui essi sguazzano e poiché l’irreversibile nostro giudizio teorico sul mercato delle ideologie (anche “sinistre”), sulla loro funzione nella conservazione del dominio materiale del capitale, sulle miserie dei rackets che intendono porsi come amministratori del proletariato per fondare il LORO potere sul CONTROLLO del proletariato. La rivoluzione sarà festa liberatoria per i proletari poiché infine i proletari si sbarazzeranno di tutti i loro persecutori, ideologi e falsi “tutori” compresi. Da parte nostra, quindi, nessuna disponibilità al DIALOGO con i calunniatori, i burocrati mafiosi, gli ideologi di un comunismo fasullo e realmente capitalista; da parte nostra esiste solo la volontà di dimostrare una volta per tutte, ai proletari ottenebrati dalle mistificazioni e dalle ideologie, che i NOSTRI METODI NON SONO QUELLI DEI NOSTRI ACCUSATORI, che LA RIVOLUZIONE ED I RIVOLUZIONARI HANNO SEMPRE PER FINE PRATICO LA VERITÀ.
Comunicato comontista contro le calunnie dell’Espresso e di Avanguardia operaia a proposito della manifestazione del 12 dicembre 1972 a Milano.
«Alla manifestazione del 12 dicembre 1972 a Milano partecipò un congruo numero di comontisti, da via Pecchio, e calati da Torino: ci furono scontri molto violenti, noi dal lato di piazza 24 maggio, gli sbirri da quello dove ci sono ora Conchetta e i Malfattori. Per munirci di proiettili saccheggiammo un ortolano – quello che aveva ideato il nefando gelato al barbera. Era un sabato pomeriggio, faceva freddissimo e c’era una nebbia di quelle che non ci sono più. Nei casini fu, non da noi, sottratta la pistola a un poliziotto e vari sbirri finirono all’ospedale, alcuni anche un tantino rovinati. Avanguardia Operaia prima, l’Espresso poi, accusarono i Comontisti di essere i responsabili della degenerazione degli scontri che furono invero fra i più soddisfacenti che mi sia toccato di vivere. Di qui il nostro attacco a quelle miserabili carogne. La partecipazione a quella manifestazione fu anche il momento di pubblica riappacificazione fra i comontisti di Torino e di Milano, dopo la rottura dei primi di settembre. Molti si aspettavano dei mirabili sviluppi, che non vi furono.» (Paolo Ranieri)
Torino, 7 dicembre 1972. Intervento contro la manifestazione per l’abrogazione della legge Merlin.
CRONACA CITTADINA
Torino 7 dicembre
È risaputo che il quotidiano
“La Stampa” non solo propina quotidianamente ai fedeli lettori notizie distorte
e manipolate, ma passa sotto silenzio quei fatti che in qualche misura possano
contraddire l’immagine di società ordinata e civile che vuole mostrare agli
stupidi consenzienti che ci vogliono credere.
Pertanto siamo obbligati in
quest’occasione a divenire i cronisti di noi stessi.
Mercoledì 6, fra le 17,30 e
le 18’30, insieme alle migliaia di puttane a tempo pieno assorse ad apporre la
propria firma al progetto di abolizione della legge Merlin, siamo accorsi anche
noi con alcuni cartelli e volantini (il cui testo è a retro), senza dubbio meno
osceni delle losche e decrepite facce dei firmaioli, con l’intenzione di
bloccare tale turpe esibizione di repressi e repressori sessuali.
I poliziotti presenti,
istigati evidentemente dai promotori di quell’oscena manifestazione, si sono
affrettati zelantemente a compiere il loro dovere requisendo i cartelli (e uno
di non che non aveva voglia di mollare il suo), intimandoci poi di distribuire
i volantini, per motivi di ordine pubblico, a cento metri di distanza
dall’ingresso, in un primo tempo, e così via fino ad allontanarci del tutto.
Pur essendo gioiosamente intenzionati a fare del nostro peggio, abbiamo dovuto
desistere dai nostri propositi appena in via di attuazione quando sono arrivati
cellullari ed altri rinforzi di polizia.
Così gli infelici firmatari
hanno potuto portare a termine tranquillamente la loro provocazione mostrando
chiaramente altresì come sia possibile fare della propria infelicità una
bandiera.
UNA NOTA DI COLORE
Una nota baldracca, tal
Lollobridiga, la quale da anni fa commercio, indisturbata, del proprio corpo e
della propria mente, ha firmato ieri anch’essa il progetto di legge con
l’evidente intenzione di eliminare in tal modo un po’ di concorrenza nell’arte del
meretricio di cui è maestra. D’altra parte è chiaro che la sua firma è stata
concessa per un secondo fine. È chiaro che essa ha venduto pure quella, come
tutto il resto, in cambio di un po’ di pubblicità per un suo insulso libro di
fotografie, per il quale nessuno, ovviamente, nutre alcun interesse.
Intervento contro la manifestazione per l’abrogazione della legge Merlin. Ciclostilato a Torino, Cso Regina 24. Senza data, probabilmente 7 dicembre 1972.
Torino, 12/11/1972. Il gruppo dice: «non siamo comontisti, ma in ogni caso vogliamo loro bene, e la loro organizzazione è un riferimento comune». Propone un “meeting” per mercoledì 14 sotto l’arco di trionfo del parco Valentino.
Volantini contro la scuola, Torino, ottobre 1972. I primi due, fronte/retro oppure parte di un documento più ampio, «pare costituiscano il noto volantino sulla scuola distribuito il giorno di apertura dei licei (primo ottobre?) del 1972 a Torino». (Paolo Ranieri) Gli altri due probabilmente sono fronte/retro; l’ultimo è datato 29 ottobre 1972.
Volantino recto/verso ciclostilato il 24 ottobre 1972 in via Ausionio a Milano, formato da “Facciamola finita col mondo delle merci. Costruiamo la comunità umana” e da “Hop Frog”.
FACCIAMOLA FINITA COL MONDO DELLE MERCI.COSTRUIAMO LACOMUNITÀUMANA
Usciamo
dai ghetti che il capitale ci costruisce attorno. La nostra passività è il
cemento che ancora sostiene l’edificio barcollante. Rifiutiamo per sempre le
false alternative gentilmente offerte dalla Ditta:
–
la politica, che altro non è se non il pubblico osceno dei capi merdosi
di domani, la masturbazione perenne che nello spettacolo delle miserie
generali, nasconde le nostre e ce le amministra. Usciamo dai luridi cessi
dell’intellettualismo degli scemi, COMINCIAMO A VIVERE distruggendo tutte le IMMAGINI-RUOLI
ed i loro amministratori “sapienti”.
–
la triste farsa della bara-A-DUE-O-PIù-PIAZZE,
l’isolamento dei “sentimenti”, che altro non è se non l’ibernazione perpetua
dei nostri desideri in ghiacciaie compiacenti. In esse, l’incapacità a
riconoscere nell’altro qualcosa di più dell’OGGETTO, presupposto e prodotto
essenziale dei rapporti socialmente permessi, diventa la “normalità”
amministrata e coltivata.
–
i ghetti sessuali (femminismo, omo-etero-sessualismi…), che, nella
falsa immagine di una liberazione parziale, racchiudono e soffocano la
possibilità dell’emancipazione totale.
Per
la disumanità del Capitale-Uomo, per l’“amore” cieco e pietrificante fra merci,
l’AMORE DESIDERIO rivoluzionario è totalmente incomprensibile (non
recuperabile) È IL CRIMINE DEL PIACERE E IL PIACERE DEL CRIMINE
RIVOLUZIONARIO!!!
NON
facciamoci più imporre i luoghi, i tempi, i modi della prassi mortale del mondo
mercantile, usciamo fuori dalle nostre immagini-ruoli, ritroviamo nella
CREATIVITà SFRENATA delle
situazioni che sapremo e vorremo creare la ragione unica del nostro essere: IL
PIACERE SFRENATO.
Troviamoci
FUORI e CONTRO le scuole e i luoghi di lavoro.
Creiamo
nella STRADE la NOSTRA COMUNITà,
negazione violenta di quella esistente.
Solo nella continuità del rapporto rivoluzionario e nella sua realizzazione coerente sarà possibile ritrovare l’essenzialità della nostra esistenza… e … GODERNE.
HOP FROG
Il
mercato delle vacche continua. Chiusi nell’immobilità di RUOLI-Bare, le
MERCI-UMANE sfilano intoccabili lungo i marciapiedi. Da una parte, confezioni
splendenti racchiudono il VUOTO, fra tette-coscie di plastica, chiedendo per sé
il prezzo più alto, mercato permettendo. La “bellezza” estatica della MORTE
raggiunge l’apice nel trionfo dell’inorganico sull’umano. Trucchi, nylon,
vestiti, avvolgono in un abbraccio perenne. La carne è intoccabile (lo sarà
ancora per poco). Solo l’apparenza, la forma divenuta contenuto, ha diritto di
esistere in un mondo che allontana da sé la vita vedendo in essa il pericolo
della sua distruzione. Dall’altra parte, i miti virili pagano la propria
affermazione negando l’esistenza all’uomo, inventando il MASCHIO e conquistando
nidi-tomba in cui giocare per sempre la macabra farsa dei “sentimenti”.
Oggi,
l’unico rapporto permesso all’interno del regno dell’economia, è il reciproco
scambio ed acquisito. La mia morte mi acquista il diritto eterno sulla tua.
CREPATE finalmente vecchie baldracche & squallidi play-boy. Non ci
interessano le vostre luride merci, né siamo più disposti a pagare alcun prezzo
per la paraffina che vi riempie i cervelli.
Volantino anticarcerario. Al recto il testo, ribattezzato Lotta criminale, al verso il fumetto, Il buon padre. Senza data, probabilmente autunno 1972.
IL CRIMINE NON È SOLO UN PRODOTTO DELLA SOCIETÀ: INIZIA AD ESSERNE LA NEGAZIONE. IL CRIMINE NON È SOLO LA BASE DELLA CRITICA DELLA COMUNITÀ FITTIZIA DEL CAPITALE, È L’INIZIO DELL’AFFERMAZIONE DELLA COMUNITÀ REALMENTE UMANA.
Le carceri come istituzioni separate dalla società non sono altro che la proiezione dell’esistenza normale di ciascuno in una dimensione che assume i colori dell’incubo, del terrore e dell’oppressione aperta. La prigione, che il buon senso non riesce più a cogliere, se non in istanti di pazzia autentica, come parte realmente costitutiva del proprio ambiente quotidiano, può essere allora proposta dalla società come ciò che esemplarmente punisce chi non vuole più tollerarla; la paura del carcere come istituzione separata, costringe ciascuno nel carcere della famiglia e del lavoro o di tutti i loro grotteschi surrogati; è la morte quotidiana, quindi può essere spacciata e consumata come l’unica esistenza possibile. Ciò che stravolge questa malefica allucinazione è la premessa di ogni azione rivoluzionaria: IL RISCHIO DELLA PRIGIONE O DELLA MORTE NON è OGGI CHE L’AVVENTURA DELLA VITA.
Il carcere, dopo la recente ondata di sommosse che ne ha sconvolto l’andamento, è divenuto un argomento principe per chi vuole lavarsi la bocca con piagnistei sulla repressione, per chi vuole mettersi a posto una coscienza pelosa facendo rilevare le terribili condizioni di vita del carcere, illustrandole in scritti, dibattiti, films, tutti ben remunerati e di prestigio. Costoro però non dicono che I FUORI LEGGE SONO I MODERNI RIVOLUZIONARI, poiché sono già essi stessi CARCERE nella misura in cui la loro ideologia dovrebbe servire a riprodurre e far accettare tutta la miseria e tutta l’infelicità di una “vita” che è a tal punto carcerizzata da divenire ANTIUMANA.
Le parole d’ordine democratiche non incantano più nessun detenuto o fuorilegge; nessun rivoluzionario. CARCERE PIù GRANDE, MIGLIORE E PROCESSI PIù VELOCI VOGLIONO DIRE IMPRIGIONARE PIù GENTE POSSIBILE NEL MINOR TEMPO POSSIBILE.
In realtà, nessuna lotta contro il carcere ha senso se non è lotta contro la LEGGE; la lotta contro la LEGGE è la base necessaria per la distruzione dell’ordine esistente e della produzione di merci e di ideologia su cui la società è fondata.
Di fronte al dilagare della rivolta, di fronte al fatto che milioni di persone lottano contro il carcere che è ovunque, anche oltre le mura specifiche delle prigioni di stato, si scatena il tentativo di recupero. Il recupero si manifesta attraverso lo spaccio reiterato di ideologie particolari ma tutte sostanzialmente conservatrici della realtà.
L’ideologia hippy promette ai giovani la loro liberazione in quanto giovani, l’ideologia operaistica l’emancipazione degli operai in quanto tali, altre ancora promettono libertà agli studenti, alle massaie, ai “pazzi”, ai drogati, agli omosessuali, alle lesbiche etc. ed anche ai carcerati.
Ma il movimento della rivoluzione moderna, il movimento che porterà alla realizzazione dell’uomo, cioè al COMONTISMO, opera per la liberazione di ognuno dalle catene globali che il carcere della vita quotidiana gli impongono e che le ideologie carceriere fingono di sottrargli.
LA FINE DI OGNI RUOLO è LA FINE DI OGNI CARCERE POSSIBILE
Il
mercato delle vacche continua. Chiusi nell’immobilità di RUOLI-Bare, le
MERCI-UMANE sfilano intoccabili lungo i marciapiedi. Da una parte, confezioni
splendenti racchiudono il VUOTO, fra tette-coscie di plastica, chiedendo per sé
il prezzo più alto, mercato permettendo. La “bellezza” estatica della MORTE
raggiunge l’apice nel trionfo dell’inorganico sull’umano. Trucchi, nylon,
vestiti, avvolgono in un abbraccio perenne. La carne è intoccabile (lo sarà
ancora per poco). Solo l’apparenza, la forma divenuta contenuto, ha diritto di
esistere in un mondo che allontana da sé la vita vedendo in essa il pericolo
della sua distruzione. Dall’altra parte, i miti virili pagano la propria
affermazione negando l’esistenza all’uomo, inventando il MASCHIO e conquistando
nidi-tomba in cui giocare per sempre la macabra farsa dei “sentimenti”.
Oggi,
l’unico rapporto permesso all’interno del regno dell’economia, è il reciproco
scambio ed acquisito. La mia morte mi acquista il diritto eterno sulla tua.
CREPATE finalmente vecchie baldracche & squallidi play-boy. Non ci
interessano le vostre luride merci, né siamo più disposti a pagare alcun prezzo
per la paraffina che vi riempie i cervelli.
Manifesto (100 x 70) realizzato a seguito dell’attacco terroristico del gruppo palestinese Settembre Nero alle Olimpiadi di Monaco (il 5 settembre 1972), realizzato dal “gruppo di Faina” dopo lo scioglimento di Ludd. Secondo Giorgio Moroni, partecipante al movimento genovese di quegli anni, «questo manifesto è un grande esempio di comunicazione politica, ancorché colta ed elitaria. La frase, di per sé una locuzione situazionista luddista/gappista efficace ma quasi di maniera, è combinata con uno strepitoso e artistico disegno nel quale un terrorista palestinese nudo (ambiguo e ideologico), con il corpo del David di Donatello e con il volto coperto da un passamontagna, si staglia solitario sul gradino superiore di un podio olimpico mentre sotto di lui, alla base del podio, si agitano volti atroci, tronfi e ottusi disegnati con tratti alla George Grosz o alla Otto Dix; in mezzo a questa folla gesticolante e confusa, a questa maggioranza silenziosa e merdosa di impiegati e sportivi, si aggira incredula una donna seminuda con medaglia d’oro e nastrino in mano chiedendo: “e adesso a chi la do?”» (dal sito Archiviomovimenti).
«Olimpiadi di Monaco, 5 settembre 1972: un commando di otto combattenti palestinesi fa irruzione nel villaggio olimpico. Due atleti israeliani vengono uccisi immediatamente, gli altri nove sono presi in ostaggio. Dopo 21 ore di estenuanti trattative, seguite in diretta dalle tv di mezzo mondo, il massacro: il maldestro tentativo di blitz da parte della polizia tedesca finisce in un bagno di sangue. I nove membri della squadra olimpica saranno trucidati dai palestinesi e tre fedayn saranno arrestati. Volantino fatto a Firenze, sospetto da Alfredo, che allora era particolarmente bilioso e ostile verso gli umani.»(Paolo Ranieri)
L’ATLETA CADAVERE È IL MIGLIORE ATLETA
Adolfo Brandt ha realizzato il
suo sogno: nel SUPER-LAGER di Monaco milioni di spettatori hanno potuto seguire
dal vivo l’unico sport che realmente interessa: nella MORTE degli altri la
propria MORTE.
Il superamento tecnologico del
nazional-socialismo, ormai insediato a livello mondiale, ha permesso per la
prima volta di vedere in DIRETTA il COLORE del sangue, riempiendo di giubilo le
folle.
Tutti aspettavano il momento in
cui il mistero si sarebbe svelato agli occhi dei fedeli adoranti: l’ideologia,
finalmente nuda, appare per quello che è: AGONISMO, AGONIA, CACCIA.
Ognuno ha potuto vivere in
privato, grazie all’interessamento di tante AUTORITà riunite, il vero sport internazionale, riscoprendo il
gusto che dà l’appartenenza alla squadra vincente, quella POLIZIESCA.
Il turbamento è solo un gioco
sottile, dietro cui si maschera la vera gioia di vedere-godere l’immenso
funerale dell’umanità teletrasmesso e gioire insieme dell’immancabile VITTORIA.
La squadra palestinese, non
invitata perchè miserabile e sporca, troppo attaccata alla vita bestiale, e
quindi non disposta allo SPETTACOLO NAZISTA della FRATELLANZA in cui si
traveste l’odio e dell’AGONISMO in cui si traveste la concorrenza nella società
degli atleti dell’autosoppressione, la squadra palestinese, ha comunque voluto
aderire a suo modo.
L’unico sport che gli ebrei loro
permettono è la soppressione armata che gli fanno subire, ripetendo con mezzi
moderni le gesta dei loro MAESTRI-ASSASSINI. I palestinesi hanno così pensato
di aderire alla bella manifestazione proponendo ai sionisti una sfida nello
sport che essi più amano.
Purtroppo per loro quello sport
ha da tempo trovato fedeli praticanti in ogni parte del globo che sono corsi a
dare man forte nel modo che meglio potevano, contribuendo così alla riuscita
dello spettacolo; la strage, il vero trionfo dello spirito olimpico in cui i
vincitori e vinti sono finalmente legati dal VINCOLO ETERNO.
I risultati raggiunti però, per
quanto vivificati dal colore e dalla trasmissione in diretta, sono assai
lontani dai RECORD di Città del Messico in cui per la prima volta si
raggiunsero ragguardevoli cifre in fatto di CADAVERI.
Questo é il volantino distribuito ai primi di maggio 1972: la descrizione della vicenda sta nella Cronologia di Comontismo scritta da me mentre ero carcerato al Bassone di Como e pubblicata su Maelstrom 2 (Paolo Ranieri).Nella seconda parte il testo riprende il volantino dell’anno precedente firmato “I compagni consiliari”, che aveva quasi lo stesso titolo.
1° MAGGIO: IL LAVORO SALARIATO NON SI FESTEGGIA. SI ABOLISCE
All’inizio del secolo la
brutalità del lavoro salariato e la logica spietata delle merci diede il via ad
appassionanti ammutinamenti anticapitalisti. Il proletariato individuando il
lavoro come fonte di tutte le sue miserie poneva in pratica la sua distruzione.
Oggi gli eredi degli artefici
dell’annientamento proletario nel periodo fra le due guerre (p.c.i., sindacati,
etc.) spacciano il lavoro come ultimo ritrovato ai mali del proletariato. Il
dominio dei burocrati-stalinisti è fondato sulla menzogna e non possono tentare
di conservarlo se non continuando a mentire.
Attenti burocrati stalinisti!
Il volto ghignante del
proletariato che risorge ridicolizzerà tutti i tentativi di recuperarlo alla
logica della merce e del lavoro. Sadico come dovrà essere il Proletariato se la
prenderà per primo con quelli che vogliono parlare per lui senza essere lui. La
liberazione dal lavoro è la condizione preliminare per superare la società dei
consumi e per l’abolizione nella vita di tutti della separazione tra tempo di
lavoro e tempo libero, settori complementari di una vita alienata in cui si
proietta all’infinito la contraddizione interna della merce tra valore d’uso e
valore di scambio. La concentrazione capitalistica dei mezzi materiali e
ideologici di produzione e la sua distribuzione sociale si trova di fronte
sempre più minacciosa l’insoddisfazione crescente di tutti.
La società del capitale promette,
ma non può mantenere. Non può mantenere alcuna promessa di felicità poiché il
suo fine stesso (produzione) ed i suoi mezzi (lavoro, etc.) sono chiaramente
oppressivi.
I proletari stanno lanciando la
sfida alla società e non per una società diversa o migliore ma per l’abolizione
di ogni società (intesa come agglomerato di individui-merci retti da uno scopo
ad essi superiori).
La felicità in armi esige di
prendere il posto dell’infelicità oggi esistente. La distruzione del dominio
del capitale e dei suoi strumenti è l’unica festa che il proletariato può
desiderare.
È tempo di iniziare concretamente
la lotta per un 1° maggio permanente, cioè per l’abolizione del lavoro e del
tempo capitalista.
Numero unico in attesa di autorizzazione pubblicato a Firenze (Tip. Capponi) nel maggio 1972, di 32 pp., cm. 32 x 22, in vendita a 300 Lire. «Doveva uscire in un bel bianco e verde-azzurro. Hanno collaborato Gigi Amadori, Giulio Dessi, Valerio Bertello, Riccardo d’Este, Dada Fusco, Roberto Ginosa, Gianni Miglietta, Alfredo Passadore, Paolo Ranieri, con la partecipazione involontaria di Nicola Adelfi. Il cornuto del tipografo ci ha fatto quella cosa degradante, in effetti in cui non si capisce nulla». (Paolo Ranieri). Oltre a lucidi e sagaci testi, è corredato da numerose immagini, in prevalenza détournements di strips di fumettisti allora in voga, fra i quali si riconoscono Robert Crumb, Charles Schulz, Magnus e Bunker, E.C. Segar ed altri meno noti. Due fotografie d’epoca (“Barricata spartachista” e “Durruti”) sono tratte da Internationale Situationniste. Invece le immagini autoprodotte dai comontisti sono: la fotografia a p. 15, cui sono sovraimpresse le parole “Contro la legge”, che rappresenta il cavo orale di tale Cesare, specialista in delitti contro la proprietà; quella di p. 28, dove compare una donna nuda, sdraiata e di spalle, con una frase disegnata sulla schiena, che fu scattata a Ponte a Egola a una anonima compagna; e quella di p. 31, il volto di Alfredo Passadore “Tamaro Baroni” in un fotomontaggio che si richiama alla nota (a quei tempi) protagonista delle cronache rosa Tamara Baroni. Controversa rimane invece la paternità della fotografia di copertina, una coppia di leggiadri giovani ignudi nell’atto di spiccare un salto, che doveva evocare, negli intenti dei comontisti, il “salto qualitativo” (ad opera della specie umana) di hegeliana memoria: secondo alcuni è prodotto genuinamente comontista, secondo altri è immagine tratta da un magazine femminile un po’ osé.
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Il 1° maggio 1972 e nei giorni seguenti vennero distribuiti diversi volantini contro il lavoro, tra cui una riproposizione del testo del 1° maggio 1971 di Organizzazione Consiliare cambiando la firma in “I COMONTISTI”, e aggiungendo “salariato” nel titolo. Il 2 maggio a Milano fu diffuso quello con il nuovo stemma dell’Alfa Romeo «introdotto con potente battage pubblicitario dall’aprile del 1972, mese in cui aveva aperto l’Alfa di Pomigliano d’Arco. La distribuzione fu effettuata dai comontisti di via Pecchio presso La Breda e la Falk, al primo turno (forse le 6 del mattino) e nelle ore successive in piazza Cadorna, dove arrivano in città i treni con i pendolari che vengono a lavorare a Milano. Ai cancelli delle prime due fabbriche la distribuzione ha fatto rischiare un pestaggio, perchè dopo un primo momento d’imbarazzo in cui i lavoratori prendevano il volantino e lo osservavano, non capendone bene il significato, subito dopo è stata recepita la provocazione, di possibile matrice fascista, vista l’iconografia. I distributori del volantino hanno preceduto con tempismo l’innesco dell’azione punitiva, promossa da elementi sindacali, fuggendo a gambe levate.» (Maurizio Pincetti) Lo stesso giorno a Torino fu distribuito il volantino con i due disegni del 1 MAGGIO e del 2 MAGGIO, sul fronte; nel retro c’era il testo del volantino “1° maggio: il lavoro salariato non si festeggia. Si abolisce” firmato L’ULTIMA INTERNAZIONALE.
Volantino fronte/retro firmato “I COMONTISTI” ciclostilato in proprio a Firenze il 2 aprile 1972. La didascalia che accompagna Cristo in croce recita: «Il mio compito storico è ormai concluso, il dominio della merce, questa nuova forma di felicità illusoria, mi sta sostituendo completamente.»
Testo del 25 marzo 1972 firmato “I COMONTISTI – Firenze, Milano, Torino, Genova, Viterbo”. Il Comunicato fu portato alla redazione di Firenze del quotidiano La Nazione. Da un appunto che accompagna la copia a nostra disposizione: «Ci negarono la pubblicazione e schiaffeggiammo il direttore Domenico Bartoli.»
Volantino distribuito in seguito alla morte di Giangiacomo Feltrinelli, avvenuta a Segrate il 14 marzo 1972. Questa copia indica “Torino, Corso Regina 24, 22 marzo 1972”, il testo è lo stesso del volantino stampato a Firenze. «Precisazione importante: se su un volantino c’è scritto Torino oppure Firenze, non solo non è un dato attendibile ma è solitamente falso e la stesura e la distribuzione è stata fatta altrove». (Paolo Ranieri)
Volantino distribuito in seguito alla morte di Giangiacomo Feltrinelli, avvenuta a Segrate il 14 marzo 1972. Questa copia è ciclostilata in proprio a “Firenze, 21 marzo 1972”, mentre un volantino con lo stesso testo, impaginato diversamente e senza immagine, indica “Torino, Corso Regina 24, 22 marzo 1972”. «Precisazione importante: se su un volantino c’è scritto Torino oppure Firenze, non solo non è un dato attendibile ma è solitamente falso e la stesura e la distribuzione è stata fatta altrove». (Paolo Ranieri)
IL DOMINIO REALE DEL CAPITALE È MORTE
Feltrinelli è stato assassinato Non a caso Continua la strage voluta ed organizzata dai politici di tutte le risme. La rivolta proletaria organizzata e radicalizzata fa tremare il mondo dei fantasmi dediti al culto del dio MERCE. La merce stessa (nelle persone fisiche degli amministratori e servi del suo potere) si organizza per respingere l’assalto proletario e per PERPETUARE il suo dominio. Il dominio del mondo delle merci si fonda sulla MORTE, sulla morte di tutti, asserviti al lavoro e all’infelicità, produttori-consumatori di ideologia ( nuova forma di equivalente generale che si affianca alla vecchia – il denaro – per poter avviluppare globalmente gli uomini nella miseria della produzione e della non vita ). La morte non è solo metafora, espressione emblematica. È morte materiale, concreta! E’ la non-volontà di vivere i propri desideri, di produrre non merci ma doni ( il valore d’uso ritrovato sulle ceneri del valore di scambio ), di esprimere la TOTALITA’ insopprimibile di ciascuno nell’organizzazione della felicità collettiva. È il dominio dell’irreale fantasticamentre incastrato nella vita (SOPRAVVIVENZA) di uomini OGGETTI-MERCI-PRODUTTORI-RUOLI-IMMAGINI-DELIRI. È il potere dell’economia-ideologia politica. Talora diviene ASSASSINIO particolare, che si aggiunge agli omicidi ” indolori ” che tutti siamo costretti a subire e che tutti – TRANNE I RIVOLUZIONARI COERENTI – ripropagano giornalmente sulla pelle degli altri. L’operaio ucciso in fabbrica dalla miseria del lavoro diventa assassino nella perpetuazione della miseria della famiglia. Il professore ucciso dalla cultura amministrante uccide giornalmente con l’amministrazione della cultura. L’impiegato morto nel suo impiego di sottomissione-noia diventa crudele maniaco assassino nel RUOLO DEL PRIVILEGIO. E avanti così. Sino agli pseudo-rivoluzionari che muoiono-uccidono nell’adempimento di un dovere gerarchico-ideologico che non porta alla rivoluzione, ma alla rotazione del potere, dei ruoli, delle immagini fissanti. Il capitale è un ASSASSINO continuo. Ma è un assassino che ha paura di essere scoperto e giustiziato dall’ orda proletaria che più che mai mostra il suo volto TOTALE E CRIMINALE nelle lotte operaie anti-lavorative come nelle esplosioni di una delinquenza che non è altro che l’inumanità totalmente vissuta e che comincia a stravolgersi, e a volgersi contro l’organizzazione dell’inumano sociale. La paura rende più che ma assassini. Feltrinelli è l’ultimo morto ( ma ce ne saranno ancora se non spazziamo via assolutamente gli assassini organizzati in rackets-politici, poliziotti, spie, preti, intellettuali, ruolificati di buon grado, etc.) di questa GUERRA di classe.
Noi non abbiamo particolare rispetto per la morte, poiché abbiamo rispetto REALE per la VITA. Per cui oggi NON diciamo che Feltrinelli era un compagno. Non lo era, non NOSTRO, non dei rivoluzionari coerenti. Era un politico e la POLITICA lo ha ucciso. L’hanno ucciso le elezioni ( il blocco d’ordine di destra-centro-sinistra ). L’hanno ucciso le difficoltà economiche italiane e la strategia USA dell’organizzazione dei mercati ( rinnovo dei contratti, pace sociale che il capitale internazionale cerca di ottenere anche in Italia, volontà di incastrare le future lotte proletarie e già ora di distruggere una sua forma: la “delinquenza”, ecc.) Chi accetta la morte quotidiana e la perpetua è un CORREO. Sul traliccio l’hanno ficcato i luridi bastardi del SID, la polizia o simili: tutti i servi di una polizia ultranazionale con a capo la CIA. Ma costoro sono soltanto il braccio materiale, seppur talora autonomizzatto. Tutti i politici, SENZA ESCLUSIONI, ne sono i mandanti ( basta vedere il congresso del PCI difensore ed organizzatore dell’ordine quanto l’ MSI). I gruppetti sono, masochisticamente o interessatamente, degli spettatori acquiescenti. Accettano di fare il GIOCO POLITICO e non iniziano una effettiva pratica di DISTRUZIONE, di GUERRA RIVOLUZIONARIA, riproducendo ancora una volta schemi retorico-politici ( elettorali il Manifesto ) che non possono scalfire la spirale dei ruoli della morte, ma la riaffermano riproducendo al proprio interno e propagando la GERARCHIA-IDEOLOGIA che è un’essenza del potere. La morte di Feltrinelli esige vendetta. Non la vendetta di una cosca mafioso-politica. La VENDETTA PROLETARIA, poiché uccidendo Feltrinelli si è voluto ricordare pesantemente a tutti che fuori dall’accettazione della sopravvivenza non ci può essere che MORTE VIOLENTA ( ma la sopravvivenza è morte dolce? ). Feltrinelli non era un rivoluzionario più che altri ideologi -di-sinistra, ma la vita che poteva guizzare in lui e che noi DESIDERIAMO esige più forte-violenta che mai la RISPOSTA rivoluzionaria e l’ORGANIZZAZIONE che ne è l’indispensabile supporto. È necessario organizzarci immediatamente per colpire con estrema durezza sia i SICARI che i MANDANTI di questo assassinio poiché sono gli STESSI che intendono conservare il loro dominio di morte.
Volantino comontista distribuito a Firenze il 19 marzo 1972 in occasione della ‟Giornata del mutilato e invalido del lavoro”.
Domenica 19 marzo
Giornata del Mutilato
e Invalido del Lavoro
La Comunità dei Fantasmi Operosi
Festeggia e premia
i membri che maggior numero di
pezzi hanno dedicato alla
Sua perpetuazione nel
nome del Lavoro
Si rallegra inoltre
delle sempre più numerose
adesioni al Suo Progetto di
Unificazione di tutti i
produttori-consumatori di
merci materiali e di deologiche
(studenti impiegati operai hippie
politici parlamentari ed extra)
che sempre maggiori quantità
di energia e pezzi umani
mettono a disposizione
del Capitale
costituitosi
in Comunità Materiale
TUTTI ALLA PASSERELLA DEI
MUTILATI
PER MEGLIO SOPPORTARE LA
PROPRIA
MUTILAZIONE QUOTIDIANA
Nella fase attuale di
dominio, Il Capitale giunge ad affermarsi come essere totale, completamente
introiettato da ciascuno come modo sociale di produzione e di vita. La
generalizzazione alla stragrande maggioranza degli uomini del lavoro, in quanto
lavoro salariato necessario alla perpetuazione del Capitale (produzione di
merci ideologiche), segna la totale capitalizzazione dell’uomo: la legge del
lavoro viene ad essere considerata e vissuta come legge naturale ineluttabile.
Questa malefica
allucinazione, e la sua amministrazione, sta alla base dello spettacolo
miserabile della Giornata del Mutilato del lavoro; ognuno mistifica e si rende
più tollerabile il peso della menomazione della propria reale essenza umana, in
quanto puro oggetto nella produzione-consumo, alla vista di aborti più orribili
di lui quantitativamente, ma qualitativamente eguali nell’asservimento alla
legge del lavoro (guadagnare per vivere-vivere per guadagnare).
Lo scopo dei
COMONTISTI come rivoluzionari coerenti è la distruzione della comunità fittizia
del capitale nella sua esistenza materiale e ideologica (fissazione di ruoli al
cui interno ciascuno amministra in modo schizofrenico la separazione, imposta
dalla società delle merci come momento necessario all’annullamento della
persona e la costituzione del legame (che nulla ha da spartire con i vari
modelli di organizzazione politica del recupero) che porterà all’instaurazione
della reale comunità dell’essere (Gemeinwesen).
12 dicembre ’69 / 7 maggio ’72 – STRAGE PARLAMENTARE
Volantino ciclostilato a Torino il 15 marzo 1972 e firmato “i comontisti” a proposito delle elezioni del 7 maggio in cui venne candidato Pietro Valpreda.
«È il primo volantino comontista a Torino, scritto da Paolone [Turetta] insieme con qualchedun altro: ne nacque una feroce polemica epistolare, di cui ho in archivio qualche brano, iniziata da me e in genere dai milanesi che si dissociarono pesantemente dallo sdoganamento dei delitti sessuali. Riccardo (che non era fra gli autori, stava forse ancora a Egola o già a Firenze) prese le difese dei torinesi, sostenendo che fra i comontisti in caso di disaccordo, si scirve un nuovo volantino e non si caga il cazzo su quelli vecchi. Tesi che fu approvata, a fronte del riconoscimento che l’omicida sessuale non era precisamente quel che noi intendevamo come moderno rivoluzionario, e neanche non moderno. Fu un buon dibattito nell’insieme, anche se valse a diffondere la nomea dei milanesi come “pistini”, gente che fa la punta a tutto quel che si dice o si scrive.» (Paolo Ranieri)
Finito di stampare il 20 gennaio 1972 in Genova. Hanno collaborato Dada Fusco, Riccardo d’Este, Alfredo Passadore, Carlo Ventura, Gianni Miglietta, Enrico Bianco, Miriam Carrassi.
Ciclostilato di 8 pagine non numerate, pinzato con punti metallici. Ignoti gli autori delle immagini, salvo due, attribuibili con certezza ai fumettisti Magnus e Bunker, allora all’apice della loro popolarità. Oltre alla redazione genovese, in penultima pagina sono indicate anche quella di Torino, C.P. 281, e di Ponte a Egola (Pisa), via Pannocchia 12.
Pubblicato da Comontismo Edizioni nell’autunno 1972 a Milano, Contratti o sabotaggio è una brossura con punto metallico di 52 pp., in 8vo, cm. 22 per 14, con copertina di colore rosso e titolo in nero, venduto al prezzo di lire 400. A pag. 51 è indicato: «Tutti i compagni che, trovandosi d’accordo con le tesi sopra espresse, desiderano mettersi in contatto con noi, possono scrivere al seguente indirizzo: Claudio Albertani, c.p. 179 – 20100 Milano». Per dare un tono maggiormente assertivo, in copertina non compare il punto interrogativo, presente invece nel titolo reiterato a pag. 1. «L’avvicinarsi del rinnovo autunnale dei contratti collettivi di lavoro è stata l’occasione per produrre uno spazio teorico di rilettura della realtà sociale, così come quegli anni di turbolenze avevano suggerito. Contratti o Sabotaggio illustra l’alternativa fra una soluzione socialdemocratica di un problema puntuale e una radicale sovversione dei paradigmi sociali dettati dal Capitalismo.» (Maurizio Pincetti)
Qui sotto, nella versione PDF con la trascrizione.
Prima metà del 1972. Lettera di Alfredo Passadore, indirizzata con ogni probabilità al gruppo dei torinesi, riguardo l’imminente pubblicazione del n° 1 di Comontismo, e risposta di un compagno di cui non compare la firma.