Volantino firmato Movimento Martellista. Milano, 23 luglio 1970.
(Supplemento n° 3 alla Nuova Gazzetta Renana, dir. resp. Karl Marx).

A TUTTI I CONDANNATI ALL’ERGASTOLO SOCIALE

“La rivolta carceraria è la rivolta contro il carcere quotidiano della nostra sopravvivenza”

Da tempo nelle galere definite “fabbriche” gli operai coscienti (FIAT, Alfa, Pirelli, ecc.) hanno rifiutato la schiavitù quotidiana del lavoro scatenando “teppisticamente” (come giustamente sostengono i giornali borghesi) lotte sempre più radicali contro il sistema di produzione e di sopravvivenza. La “rivendicazione” operaia finalmente non è più stata recuperata all’interno della logica religiosa del lavoro: è stato negato il “potere” tutto il potere perché ciascuno ha capito che solo la rivolta ininterrotta può condurre al potere reale sulla propria vita.

Le mafie burocratiche si sono amaramente pentite di aver fornito con le loro beghe il pretesto ai proletari di Reggio Calabria per scatenare la loro rabbia globalmente negatrice del vecchio mondo contro lo spettacolo accumulato del sottosviluppo e dello sviluppo economico, del sottogoverno e del governo, negando praticamente la merda dell’ideologia e l’ideologia della merda imposta al nord come al sud, ponendo solo più per gli idioti e i burocrati del sottosviluppo mentale differenze economicistiche tra “aree avanzate” e “aree arretrate”. I rivoluzionari del Sud hanno saputo, pur nella loro limitatezza teorica cogliere gli aspetti essenziali della rivoluzione moderna: hanno saputo insomma porsi come teppisti reali, come negatori effettivi della merce, saccheggiando, incendiando, distribuendo gratuitamente merci rubate, pestando i questurini, hanno deriso l’amministrazione della giustizia colpendo l’ingiustizia dell’amministrazione.

Ieri l’incendio della lotta sovversiva è divampato nel caseggiato di P.za Filangeri (comunemente chiamato S. Vittore) rompendo finalmente il compromesso continuo che pratichiamo nel lavoro nel “tempo libero”, in ogni momento in cui ci sacrifichiamo, annoiamo, per garantirci un avvenire ancor più miserevole e infelice di quello attuale; esso è stato spezzato dalla risposta di un mondo liberato. I detenuti, parte della classe dei disadattati collettivi che sarà l’ultima in quanto sceglie il rifiuto del sistema e la rivoluzione come fine di ogni separazione, stanno instaurando una condotta sovversiva lanciando una sfida globale alla repressione ed al film delle gioie fasulle del sistema che li obbliga ad essere spettatori infelici di un destino da altri compiuto. Tutto ciò se lo sono costruiti nelle rivolte degli anni scorsi, riconoscendosi nella rivoluzione solitaria e senza volto che cresce in tutte le galere, anche se chiamate case, “fabbriche”, “scuole”, e così via. I detenuti non lottano contro tori particolari poiché subiscono il torto assoluto della sopravvivenza senza vita, della merda oppressiva fattasi cibo quotidiano.

Ma noi non siamo diversi, il carcere si estende a tutta la società come privazione del consumo di libertà, così come la società è un carcere poiché si pone unicamente come libertà di consumo. A questo punto bisogna praticare l’intolleranza. CI SIAMO ROTTI I COGLIONI. Ribelliamoci.

Non si può piangere sui morti arsi vivi di S. Vittore. Bisogna ardere tutti i nemici, dai funzionari del capitale sociale ai preti alle infami spie ai lavoratori ciechi e asessuati, ai mestruati cronici di tutti i movimenti studenteschi e sedicenti operai, ai burocrati e ai becchini del movimento reale.

Rendiamo la lotta criminale: questo sarà l’assalto presente al mondo delle merci.

Da tempo, democraticamente ci siamo posti come gli aguzzini di noi stessi, imprigionandoci in casa, in famiglia, nel lavoro.

Gli operai della Fiat non sono riusciti a sconfiggere la separazione tra lotta di fabbrica e lotta contro tutta la miseria quotidiana, poiché non hanno praticato sino in fondo il rifiuto della fabbrica e del lavoro, lasciandosi castrare nel momento isolato della fabbrica. Solo rompendo il culo a tutti i mistificatori di professione, ai burocrati, ai fasulli “amici” del proletariato e riconoscendosi in tutte le lotte che hanno un carattere antisociale e dissacratore, gli operai potranno costruire la loro felicità nella rivoluzione.

I teppisti di Reggio Calabria sono stati fottuti poiché gli è mancato il collegamento reale con le lotte proletarie del Nord e una chiara prospettiva organizzativa sovversiva, fondata sulla negazione di ogni potere per l’invenzione del COMUNISMO COMPLETO E SUBITO.

San Vittore è un punto ancora alto della lotta. I detenuti, incendiando e spaccando le loro celle, ci obbligano a compiere delle precise scelte ed a metterci in marcia per distruggere definitivamente le sbarre giornaliere dell’infelicità cui ci obbliga questo vecchio mondo asmatico.

La lotta di San Vittore non deve restare isolata: ROMPIAMO LE NOSTRE CARCERI LAVORATIVE, FAMILIARI, SESSUALI, IDEOLOGICHE, POLITICHE.

IMPARIAMO A CONSIDERARE NOSTRO NEMICO TUTTO CIÒ CHE NON CI OFFRE GIOIA E TENDE AD INCATENARCI ALL’ODIOSA DROGA DELLE MERCI E DELL’ABBRUTTIMENTO DATO DALL’OSCENA PRATICA DEL LAVORO.

Questa sera, 23 luglio, tutti i proletari coscienti possono trovarsi alle 18,30 in Piazzale Baracca per iniziare la risposta alla merda di tutte le galere.

MOVIMENTO MARTELLISTA

“Compagni, lasciate la falce ed iniziate con il martello a distruggere la società”

MI – 23.7.70 – suppl. al n° 3 della Nuova Gazzetta Renana, dir. resp. K. Marx