Nove tesi dell’Organizzazione Consiliare, Torino 28 novembre 1970. Il testo, che sarà incluso nel secondo numero di Acheronte, erige la turris eburnea che separa i Consiliari da ogni altro individuo. Può anche essere letto come una sorta di decalogo iniziatico, plausibilmente attribuibile a P. F. Ghisleni.
L’AFFERMAZIONE DEL QUALITATIVO ED I NOSTRI COMPITI
1. L’Organizzazione Consiliare, consapevole di non poter esprimere, in questa fase della lotta contro tutti i poteri, altro che la volontà e la coerenza eversiva dei propri membri, non intende ergersi a rappresentanza emblematica del proletariato cosciente poiché essa non mira a gestire l’intermittenza delle lotte attuali, bensì a determinare l’organizzazione della permanenza eversiva, in tensione evidente verso l’instaurazione del Potere dei Consigli Proletari.
2. L’O.C. non intende nemmeno costituire un’avanguardia permanente del proletariato cosciente; l’O.C., o la sua eventuale continuatrice storica, non si scioglierà neanche nel movimento reale nel momento dell’emergere dei Consigli; suo compito, in tale fase, sarà quello di permettere la crescita ed il consolidamento dei consigli stessi smascherando ogni rigurgito stalinoideocratico tendente a bloccarne lo sviluppo. Solo l’autogestione generalizzata, compiuta mediante il potere assoluto dei Consigli, condurrà allo scioglimento definitivo di ogni organizzazione consiliare poiché la felicità in armi saprà porre argine alla speranza ormai disarmata.
3. L’O.C., pertanto, non può intrattenere rapporti con nessuna organizzazione che non riconosca come unico compito l’instaurazione del potere assoluto dei Consigli Proletari e che non miri quindi alla volontaria e consapevole determinazione di forme organizzative pre-consiliari racchiudenti già in sé, tuttavia, mediante l’abolizione di ogni separazione fra l’economico, il politico, il sociale ed il privato, la tendenza verso l’autogestione generalizzata.
4. L’O.C., inoltre, non può intrattenere rapporti nemmeno con coloro che boicottano ogni forma di organizzazione in nome di una presunta e temporalmente indeterminata combattività delle masse – emergente in via spontanea – e di una fantomatica creatività delle stesse nell’individuazione delle forme di organizzazione delle lotte più idonee all’abolizione dello spossessamento.
5. L’O.C., infine, respinge nella fogna della preistoria ogni concezione tendente, in odio al centralismo burocratico, a riprodurne l’errore specularmene opposto: il mito-feticcio dei gruppi autonomi agenti direttamente sul tessuto sociale. Ogni comunista coerente bolla siffatta concezione del più rivoltante opportunismo; il minoritarismo dei gruppi autonomi li conduce, gioco forza, alla sconfitta storica, sia essa sancita dal capitalismo stesso, sia dalle forze social-burocratiche, sue moderne eredi. Il desiderio di essere sconfitti, sia pure con la ragione ideale dalla propria, ed il masochismo ad esso sotteso, rivela la pavidità che comprende tutte le altre: quella di determinare il proprio destino.
6. Per queste ragioni l’O.C. non può riconoscersi alleata di alcuna delle organizzazioni nazionali conosciute anche se, volta a volta, può scegliere i suoi membri tra gli ex-militanti delle stesse. Costoro tuttavia, ed in ciò la vigilanza dell’O.C. sarà ferrea, dovranno disconoscere tutte le loro passate miserie, sconfessando nel contempo le concezioni che le fondavano; riconoscere l’ineluttabilità dell’organizzazione; sciogliere ogni legame con qualsiasi forza burocratica; scacciare dalla propria testa la condanna al minoritarismo ed alla sconfitta; essere tracotanti nel soggiogare il proprio destino.
7. Pertanto ai compagni entrati già in contatto con l’O.C. e che per ciò stesso si riconoscono nell’eversione dell’esistente chiediamo di manifestare esplicitamente la propria adesione e di motivarla teorico-praticamente; ciò non intende essere un atto ufficiale di sottomissione dogmatica, ma è invece un primo attestato per riconoscere la crescita di ognuno nell’individuazione della realtà eversiva di tutti i membri. Rifiuto dell’eversione individuale, necessità dell’organizzazione eversiva e collettiva di noi stessi, abiura del minoritarismo e del mito dei gruppi autonomi, volontà di costituirsi in organizzazione non necessariamente destinata alla sconfitta storica ed invece incidente l’esistente presente, frenesia di iniziare subito a praticare il comunismo nella vita quotidiana, il tutto accompagnato dalla teorica dei Consigli Proletari e dell’autogestione generalizzata: ecco il qualitativo individuale al di sotto del quale l’O.C. non può permettersi di trattare.
8. Perciò l’O.C. deve scegliere i suoi membri sulla base dell’unico parametro possibile: la coerenza tra la volontà eversiva proclamata e la capacità di evertere effettivamente, l’idoneità dei mezzi per realizzare il vissuto sulla base del desiderato. Compito dell’O.C. è vigilare affinché nessun individuo sprovvisto di tale minimo qualitativo possa allignare tra i suoi membri. Ai compagni interlocutori quindi chiediamo:
a) di non riconoscere più sé medesimi in qualsiasi altra organizzazione “politica” esistente o preesistente;
b) di abbandonare ogni attività “politica” autonoma (individuale o a piccoli gruppi) e sottoporre invece la propria attività unitariamente rivoluzionaria alle decisioni assembleari;
c) di porsi nei confronti dell’O.C. come rappresentanti soltanto di se stessi,
manifestando subito la propria adesione per poi mettere in marcia tutta la
propria efficacia creativa ed il proprio tempo socialmente utile nell’eversione organizzata;
d) di guardarsi dal covare qualsiasi tentativo di mettere in atto microfrazioni e disgregazioni in seno all’O.C.. Se è vero che una certa confusione teorica e metodologica caratterizzerà inevitabilmente le prime mosse di ogni nuovo aderente all’O.C. (e, come è chiaro, questo dovrà essere superato con una veloce omogeneizzazione), sarà necessario che ogni compagno eviti lo sproloquio volontaristico prima di aver compreso interamente i fini e i metodi dell’O.C.; il contrario sarà considerato
disgregazione controproletaria pura e semplice;
e) di comunicare immediatamente – mediante la socializzazione ed una acconcia diffusione – il meglio della propria esperienza eversiva passata, evitando ogni monopolio delle notizie e dell’informazione teorica che ad altro non conduce se non alla dittatura del pensiero individuale;
f ) di essere trasparenti con tutti i membri, criticando praticamente ogni
razionalizzazione del proprio cumulo di miserie e nel contempo realizzando il massimo di fiducia rivoluzionaria in tutti i membri al fine di abbattere ogni miseria separata e l’unità spettacolare di esse: la vita privata del politico.
9. La crescita dell’O.C. è una necessità proletaria. Il qualitativo è il nostro compito ed il qualitativo delle lotte proletarie lo fonda. È tempo di uscire dalla sotterraneità. L’emersione dell’O.C. dal magma contestatario è il passaggio dallo “ideale comunista” al suo stile di vita. Verremmo meno ai nostri compiti se ciò non venisse socializzato. Per questo ci siamo rivolti ad altri compagni. A costoro l’alternativa: la partecipazione consapevole alla tensione verso l’instaurazione del potere assoluto dei Consigli Operai o il pozzo nero della preistoria.