Il pamphlet è un falso di Pier Franco Ghisleni, uscito in alcune librerie “alternative” nell’estate 1977 come numero 99 della collana “Nuovo Politecnico” di Einaudi. Il volume era distribuito dalla Cooperativa Punti Rossi.
Le lettere sono indirizzate nell’ordine a: I) Marco Pannella – In cui si abbozza una riforma dello spettacolo sociale, si biasima il ricorso tradizionale ai metodi cruenti e si sostiene che il risentimento popolare è più utile che dannoso ai governi; II) Goffredo Fofi – Nella quale lo scrivente si chiede se le passioni siano compatibili con la pianificazione dello sviluppo, dà risposta negativa ed invita gli operatori culturali a rappresentare la vita in ogni sua manifestazione; III) Adele Faccio – L’autore spiega perché il femminismo deve essere positivo ed astratto ed auspica che l’estinzione del cosiddetto ganzo non lasci rimpianti; IV) Angelo Pezzana – In cui lo scrivente divaga circa la beltà dei corpi e perviene a formulare la domanda: che fine hanno fatto i pezzi di figa?; V) “X” (Questa lettera è stata inviata al dirigente di una formazione politica propugnatrice della lotta armata, attualmente detenuto. Per questa ragione ci asteniamo dal pubblicarne il nome [presumibilmente Renato Curcio N.d.R.]) – Dove l’autore, dando prova di conoscenze giuridiche non comuni, dimostra che il diritto va inculcato nel popolo; VI) Andrea Valcarenghi – Dove si vede la figura del drogato messa finalmente alla berlina; VII) Antonio “Toni” Negri – In cui il mittente affida ai rivoluzionari una missione di fiducia; VIII) Indiani Metropolitani – Dove si auspica la degradazione dell’ambiente, purché in forma pianificata.
«Queste lettere di Enrico Berlinguer ad alcuni dirigenti della nuova sinistra italiana propongono alla riflessione pubblica le modalità possibili di gestione del potere nella presente realtà italiana. In un momento in cui i conflitti economicosociali del paese tendono a condurlo verso la disgregazione ed i centri di potere si moltiplicano virtualmente all’infinito, Berlinguer interpreta questo stato di cose come necessario in vista di una gestione della realtà non più fondata sul comando, ma sul consenso, ovvero sulla precostituzione del dissenso. Gli antagonismi politici contingenti sono allora visti come momenti dialettici di un’amministrazione del potere che muove perennemente verso forme superiori, ma che tuttavia non può estinguersi, pena la barbarie.
Di prossima pubblicazione:
100. Antonio Negri, La tutela del posto di lavoro durante i sommovimenti sociali. Considerazioni personali.
101. Umberto Eco, Trattato del saper scrivere di nulla.
101. Longo, Vidali, La soluzione finale della questione anarchica in Spagna.» (Quarta di copertina)

Qui la versione PDF con soltanto il testo
Un’elogiativa recensione di Roberto Calasso (edizioni Adelphi) del 7 novembre 1977 sul Corriere della Sera (QUI) fece scoppiare il caso mediatico (si contano diverse diecine di recensioni sulla stampa italiana), e la caccia all’identità del “falsario”. L’editore Einaudi sporse denuncia alla Magistratura, ottenendo il sequestro del volume, e il pretore penale di Torino, grazie ad una fortuita intercettazione telefonica, istruì il procedimento, che, dopo alcune agitate udienze, si concluse con una condanna a 20 giorni di reclusione per Ghisleni, per il reato di “vendita di prodotti industriali con segni mendaci”, e ad una multa di 200mila lire per un libraio torinese che aveva esposto il falso. (Tre articoli del maggio 1978 sul processo: L’Unità del 25/5/78 – L’Unità del 26/5/78 – Gazzetta del popolo del 26/5/78)
Lettere agli Eretici ha avuto alcune riedizioni, per lo più parziali, l’ultima delle quali inserita nel catalogo della mostra di Maurizio Cattelan Shit and Die, Torino 2014.
Dieci anni dopo ne uscì una traduzione in francese: Enrico Berlinguer (Pier Franco Ghisleni), Lettres aux hérétiques, Ed. du Rhododendron, Grenoble, 1987, preceduta da un Avertissement au lecteur français, dello stesso Ghisleni.
AVVISO AL LETTORE FRANCESE
Nel 1977, quando fu pubblicato Lettere agli eretici, gli apparati del gauchismo erano già in piena decomposizione. Eppure, molte delle vedettes dell’epoca, chiamate in causa dalle critiche del falso Berlinguer, sentirono il bisogno, per credersi ancora vive, di prendere posizione: seguaci delle virtù proletarie, pederasti politicizzati, femministe dal Valium facile e alcuni altri suggerirono surrettiziamente al pubblico che lo sconosciuto autore del colpo editoriale fosse un reazionario.
L’editore Giulio Einaudi, allora considerato figura di spicco della cultura di sinistra in Italia (un ibrido tra Gallimard e Maspéro, perché i lettori francesi capiscano bene di chi stiamo parlando), di cui Lettere agli eretici aveva preso in prestito il marchio, si spinse oltre, non esitando a denunciare lo scritto anche davanti alla magistratura, quella stessa magistratura che, qualche anno dopo, si sarebbe interessata a lui come bancarottiere; la moralità di quell’uomo, inflessibile in materia di falsi letterari, diventava curiosamente flessibile quando si trattava di falsificare i libri contabili. Ma oggi sarebbe crudele accanirsi ancora contro Einaudi, ridotto com’è a vagare da antiquari a galleristi, per svendere gli arredi che aveva accumulato ai tempi delle vacche grasse.
Era l’epoca dell’impegno (l’engagement, come dite in Francia), una formidabile paralisi dello spirito portata fino in Italia dagli atelier boulevardiers di Parigi, dove, negli anni Cinquanta, si elaboravano le mode per la provincia.
Al pari di Einaudi, tutti costoro hanno ormai chiuso bottega, a causa del fallimento generale degli impostori: i militanti del Partito Comunista locale, gli intellettuali di sinistra in generale, i progressisti. Il loro silenzio è stato comprato dall’industria, dai mass media, dai ministeri e dalle amministrazioni locali, dove gli ex-impegnati lavorano ora come quadri. È una buona cosa? Personalmente penso di sì, almeno perché, a questo punto di decomposizione, nessuno, nemmeno la mente più timida e amabile, può esitare a trattarli come vecchie ciabatte. I destinatari delle false lettere di Berlinguer e i loro amici erano tra quelli, e lo sono ancora.
Gli uomini della lotta armata, che pure era apertamente criticata, non hanno mai contestato Lettere agli eretici. Evidentemente, mancava loro il dono della parola – questa res communis omnium. Si era già intuito quando operavano sul campo, e si è poi confermato quando si è trattato di parlare dalle gabbie dei tribunali: afasia in tutti i casi, sia in libertà che in prigionia.
Gli scribacchini dei giornali, al contrario, condannarono a gran voce il testo, alcuni sottolineandone i refusi, altri vedendolo come un pastiche a tesi, insomma troppo esplicito, e quindi mal riuscito. Ma ciò che soprattutto appariva incomprensibile ai letterati era il cui prodest? dell’imbroglio letterario, e sembrava loro inaccettabile che un libretto anonimo potesse non solo essere comunemente venduto e rubato, ma anche ricevere pubblicità gratuita da giornali e televisioni, così, d’emblée, senza che il suo autore fosse in grado di esibire un laborioso curriculum vitae fatto di meschinità, compromessi e adulazioni.
C’è stato anche qualche spirito libero – devo infine riconoscerlo – che ha espresso la sua approvazione per Lettere agli eretici.
Le previsioni del falso Berlinguer sono oggi confermate, in generale: gli “eretici” hanno ritrattato, i new comers socialisti stanno saccheggiando il Paese come faceva Verre, l’opinione pubblica è stata resa stanca e apatica, le starlette e gli showmen (così chiamiamo oggi gli istrioni in Italia) vanno in fregola con i ministri, un po’ come nel 40 d.C., sotto Caligola. Faccio notare di passata che straccivendoli e parrucchieri sono diventati glorie nazionali (voi in Francia non siete nuovi a questo genere di cose). I quadri sono a loro agio, alzano le creste come mai prima d’ora, consumano i loro redditi in una ripugnante bulimia, come quando si getta un pezzo di fegato marcio alle lamprede per catturarle.
Secondo l’aforisma di uno dei vostri filosofi, lo spettacolo è la ricchezza solo contemplata. È questo lo stato dell’Italia nel 1987: un popolo di sordi e di muti che si limita a contemplare lo spettacolo. Un popolo così, finalmente privato di ogni interprete del suo silenzio, «non può ispirare nulla di buono», come diceva Lettere agli Eretici dieci anni or sono.
Settembre 1987
Pier Franco Ghisleni

Infine, nel 2012, una traduzione annotata (informatica) in anglo-americano, ad opera di Bill Brown: Letters to the Heretics: Correspondence with the Leaders of the New Italian Left, leggibile QUI.

CURIOSITÀ D’OGGI. Almeno in un caso, il libro è presentato come autentico nel Catalogo del Servizio Bibliotecario Nazionale (QUI). Inoltre, a inizio del 2024 perfino nella mostra “I luoghi e le parole di Enrico Berlinguer”, tenutasi nei Padiglioni del Mattatoio di Roma, Lettere agli Eretici è stato trattato come opera del segretario del Pci. Dall’articolo “Il Berlinguer falso alla mostra del Berlinguer vero” (Contropiano, 7/2/2024): «il libro era lì in bella mostra, esposto su un enorme tavolo che raccoglieva un centinaio di pubblicazioni dedicate a lui, Enrico Berlinguer».