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Proposta 1

Questo testo suscitò un sacco di prese per il culo, e veniva definito il manifesto del socialmasochismo. (P. R.)

Il provocatore Giorgio Rosario Mondì

Comunicato della libreria “La vecchia Talpa”, Milano, 13 ottobre 1971.

Commento di Joe Fallisi:

«Il volantino fu scritto da me immediatamente dopo un VERO tentativo di infiltrazione-provocazione subìto e sventato. Durante il 1971 ebbi a Milano, in corso Garibaldi 44, una libreria, La Vecchia Talpa, che rappresentò anche la prosecuzione sui generis delle mie (nostre) attività rivoluzionarie del 69-70 e riuscì a sopravvivere solo, anch’essa, poco più di un anno (quel che rimase del materiale lo passai al mio amico Primo Moroni ‑ costituì la base del settore ‟radicale” della Calusca). Tenevamo quasi unicamente libri, riviste e opuscoli di estrema sinistra antistalinista. La libreria rappresentò, logicamente, un punto d’incontro di vari compagni anarchici (ricordo Steve Del Grosso) e dell’ex-Ludd (Roby Ginosa, per esempio). A una certa epoca, com’è scritto nel volantino, giunse quell’anima nera, SICURAMENTE inviatoci dalle forze statali. L’unica cosa che mi rincresce, e non poco, è che, nell’urgenza di ‟far pulizia” e sventare possibili provocazioni anche peggiori, accomunai (accomunammo) al nome di costui come suo ‟collaboratore”, quasi fosse anch’egli senz’altro un infiltrato, un ragazzo di Parma, ‟Emiliano”, che invece, me ne convinsi poi, era stato solo plagiato dal Mondì. Cosa che successe d’altronde anche a qualcun altro del nostro giro a Milano senza tuttavia condurre a nessun esito catastrofico, perché l’infame, prima che accadessero fatti irreparabili, venne alla fine individuato e allontanato per sempre, durante una notte di tregenda ancora vivissima nel mio ricordo e, ne sono certo, anche in quello di Roby.

Sull’ipotesi di scioglimento di Ludd

Sull’ipotesi di scioglimento di Ludd. Dichiarazione di Mario Lippolis, manoscritto in quattro punti.

Genova, inizio giugno 1970.

I) Sono stato informato degli ultimi avvenimenti dai compagni: Luigi, Giovanni, Giorgio, Andrea, Claudio e Sergio R. Richiesto di esprimere un parere sulla sorte del gruppo per la riunione di giovedì 11 giugno, nel caso non abbia puro carattere amministrativo, lo faccio.

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Il Festival come festa della mercificazione

Proposta di un intervento contro il Festival della canzone di San Remo, 1970.

 

IL FESTIVAL COME FESTA DELLA MISTIFICAZIONE

1 – l’ideologia che diventa mitologia

Il festival e un’ “Avvenimento”  troppo importante nella liturgia della vostra vita borghese, abbarbicata ai miti che vi vengono quotidianamente somministrati, perché non si colga l’occasione per porvi di fronte alla miseria del vostro essere ed agire quotidiano. La vostra falsa coscienza (che e quella di noi tutti: vi odiamo perché purtroppo ci riconosciamo in voi) non può essere così profondamente deformata da non giungere al punto di esplosione quando l’ideologia della società borghese vi viene propinata a dosi così massicce; cioè ad un tale punto di concentrazione da degradare in mitologia. Noi non crediamo che i falsi contenuti che vi vengono trasmessi in questi riti barbarici non possano rivelare il loro vero scopo, quando ciò comporta, come nel Festival della Canzone, il regredire della vostra coscienza a livelli primordiali.

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Memorandum – a cura di Leonardo delle Tenebre

Leonardo delle Tenebre, Gennaio 1970

Documento interno, redatto da Mario Lippolis: intelligente proposta di intervento mediante la diffusione di testi classici, aggiornati. Il testo di Lafargue è Diritto all’ozio; idelogia del lavoro era un termine usato dai luddisti per indicare contro cosa lo pubblicavano, e il titolo con cui verrà edito sarà Storia di un incubo. (P.R.)

(intervento scritto, per la prossima riunione)

… nell’illusione che scripta maneant plus quam verba…

MEMORANDUM

La fine dell’autunno semifreddo apre un periodo di disorientamento per quella piccola massa di persone che dall’interno o con l’“appoggio” esterno e con l’“identificazione psicologica” hanno voluto illudersi sul suo carattere miracolosamente rivoluzionario.

Tutti i discorsi populisti e operaisti, dominanti nel “gauchisme” italiano entrano in crisi. Vedi il disorientamento e le incredibili gaffe dell’ultimo (speriamo) numero di Lotta Continua.

Naturalmente tutte le principali vedette non si scoraggeranno per così poco: sono già lì, v. l’opuscolo di Samonà e Savelli, a millantare vittorie e nello stesso tempo a spiegare ai loro creduli gregari perché le mirabolanti vittorie promesse non si sono realizzate.

C’è da giurarlo, tutto ciò non fa che confermare (che altro fa del resto la controrivoluzione da 50 anni?) che l’unico rimedio, e guarda un po’ l’unica via è… l’Organizzazione.

In questa situazione di disorientamento e di ripensamento (per quelli che non si sono ancora fatti privare di tale facoltà) si offre forse l’ultima e la migliore occasione di dare un immediato spicco e una particolare evidenza alle iniziative di pubblicazione che sono già in piedi – si fa per dire! – e che vengono, se opportunamente tagliate, assolutamente a proposito, con una coincidenza che probabilmente non si ripeterà più.

È cioè l’occasione di una pubblicazione di testi non conosciuti e non diffusi, che però non sia genericamente utile dal punto di vista teorico ma acquisti insieme il valore di un intervento diretto: due piccioni con una fava e formula nuova di editoria politica rivoluzionaria.

Occorre però deciderlo e… farlo, con tempismo.

Il testo (I) di Lafargue, Ideologia del lavoro. Storia di un incubo, opportunamente adattato all’attualità italiana deve servire e serve a sviluppare, anche se in forme talvolta ellittiche, il discorso contro il lavoro e la produzione, che già gruppi come Potere Operaio e Lotta Continua sono stati costretti ad accettare (e ciò rappresenta il loro unico interesse), ma nello stesso tempo a distruggere l’illusione, da essi condivisa, del carattere rivoluzionario del neo-sindacalismo salariale “contestativo-e-di-base” (Linea Agnelli-Fim-Espresso-Manifesto-Gauchisme trotzko-maoista vario). La fine di questo blocco recuperatore, (già realizzatosi durante il maggio, v. Charlety) di democratismo (consigli democratici di fabbrica) e rivendicazioni abusivamente presentate come rivoluzionarie è preliminare ad ogni sviluppo del movimento radicale apparso a Battipaglia e alla Fiat.

Parallelamente deve essere attaccato a fondo l’altro “atout” della sinistra più sinistra e livida: il discorso fascista, che: “ora il vero problema è l’Organizzazione” (v. linea di Potere Operaio). In questo senso affiora e si impone anche la critica del consigliarismo.

Ad esso serve bene la Risposta a Lenin (II) di Gorter già pronta cui però va aggiunto il saggio di risposta a Lenin di Pannekoek Lo sviluppo della rivoluzione mondiale e la tattica del comunismo (1920) che il Gorter ampiamente cita, che è ottimo e quasi senza bisogno di commenti (lunghezza 30 pagine ciclostilate, traduzione incominciata e da suddividere). Aggiungendo i 2 brevi quanto definitivi testi di Barrot e Guillaume il conto al leninismo dovrebbe essere regolato.

In qualche modo questo discorso contro il feticismo dell’organizzazione burocratica e/o democratica deve essere accompagnato, eventualmente in separata sede, da un discorso sul banditismo politico che vi si accompagna, in quanto ritorno dell’essenza del capitalismo dove il contenuto, l’essenza del comunismo è lasciata da parte.

Dato che si tratta di testi già quasi tutti pronti ormai da tempo e di idee che abbiamo già presenti in forma chiara e presentabile (e non bisogna continuare a procedere come se fossero già scontate e schiarite pubblicamente) mi sembra che, se si vuole, e se il problema finanziario lo consente, la pubblicazione di questi 2 testi, prima il Lafargue e poi il Gorter/Pannekoek potrebbe farsi nel termine di 1 mese e mezzo, se ci fosse un accordo e una collaborazione col gruppo nazionale disponibile, da convocarsi a tal uopo al più presto, sulla base dell’accordo primigenio.

Liquidati così i conti con i nemici più vicini e coi testi la cui presenza ormai ci perseguita, potremo dedicarci a smettere di definirci soprattutto in rapporto alla coglioneria degli altri, per cominciare a definirci in rapporto alle nostre esigenze, sia dal punto di vista teorico (es. testo di Pierpaolo-Gianni) che pratico (es. ad libitum).

Testo tratto da “LES VRAIES PROFETHIES” di NOSTRADAMUS,

a cura di Leonardo delle Tenebre

BOMBE SANGUE CAPITALE. 17 morti di P.za Fontana non hanno ristabilito l’ordine

Volantino fronte/retro. Consigli proletari, Milano, gennaio 1970.

Un volantino distribuito a Milano pochi giorni dopo l’attentato, si dice a partire dal 19 dicembre. Opera della sezione italiana dell’Internazionale Situazionista. Per essere stato il primo intervento dell’area radicale e in particolare la prima affermazione della responsabilità dello Stato, gode da sempre di grande reputazione e, fin dal primo momento, riscosse grandissima condivisione. A un esame successivo, frutto di una più approfondita riflessione, è possibile cogliere varie manchevolezze, anche gravi. Innanzi tutto, il titolo stesso come pure diversi passaggi del testo, fanno pensare che l’incendio del Reichstag sia stato causato da un machiavellico intervento del Potere (anche questo concetto, personificato con la maiuscola, appare inesorabilmente datato), e non già – come già allora i non disinformati sapevano – l’azione spontanea di un anarchico, Marinus Van der Lubbe. E la medesima ambiguità serpeggia nel testo, avanzando una cinica analisi omnibus, buona sia nel caso gli anarchici fossero stati incastrati ingiustamente, sia nel caso fossero stati gli autori dell’attentato, strumentalizzati. Da una parte urta un certo filisteismo, inteso a non sbilanciarsi; da un’altra emerge un primo sintomo del delirio complottista che troverà piena espressione nell’infelicissimo testo di Gianfranco Sanguinetti, Del terrorismo e dello Stato. (P.R.)

BOMBE SANGUE CAPITALE

17 morti di P.za Fontana non hanno ristabilito l’ordine

Le possibilità della rivoluzione in Italia, maturate negli ultimi due anni non hanno potuto essere scongiurate dalla violenza “naturale” quotidiana del sistema. Ma proprio quando la sua violenza si esercita “eccezionalmente”, quando l’organizzazione del consenso recupera la paura, il potere di classe deve svelare tutta la sua cinica brutalità per perseguire esplicitamente la repressione di massa del movimento rivoluzionario (con i cani poliziotto del sistema sguinzagliati alla disperata ricerca di capri espiatori) e ristabilitre l’ordine “senza il quale non c’è democrazia”: ormai è evidente che i morti di P.za Fontana sono il primo bilancio di un nuovo “incendio al reichstag”. Le lotte d’autunno, rovesciando gli argini istituzionali di recupero dell’autonomia operaia, hanno espresso un primo diretto attacco all’organizzazione capitalistica del lavoro. L’accordo contrattuale stipulato dai sindacati non significa affatto la fine di tutto, anzi è la premessa alla fase direttamente anti-capitalistica e anti-sindacale della lotta. L’autonomia operaia, il proletariato come soggetto storico della propria azione eversiva, con la semplice coerenza di una lotta che, costando il meno possibile, reca il maggior danno possibile all’Economia esprime, per il solo fatto di esistere, la critica radicale alla società della sopravvivenza, l’attacco al lavoro salariato e alla scienza, alle strutture gerarchiche della produzione e del consumo, all’organizzazione capitalistica del consenso, a tutte le forme della sopravvivenza con l’estraniazione cosciente al linguaggio e ai comportamenti alienati, che sostituirà con il piacere ininterrotto e con la gioia di vivere. Se le lotte di autunno hanno posto chiaramente al presente l’alternativa proletaria della rivoluzione lo stato socialdemocratico ha tentato di far precipitare lo stato reale delle cose nel “transfert” collettivo dell’apocalisse. Il tempo della storia del capitale è discontinuo e anticipabile: discontinuo perchè le accelerazioni prodotte dal proletariato premono avvicinandolo sempre più alla sua fine, verso la realizzazione di un tempo ludico e irreversibile; anticipabile dalla manipolazione organizzata dal sistema per congelare lo slancio rivoluzionario della vera storia delle lotte proletarie. Così si è preteso di mostrare in una prospettiva falsa e distorta che l’inevitabile sbocco della violenza è l’orrore di”una strage degli innocenti”. Così dopo la strage l’azione quotidiana che promuoveva la lotta doveva essere sentita come infantile nel momento in cui il gesto disinvolto e pericoloso (quello che blocca la catena di montaggio) doveva assumere i tratti di una complicità negli attentati. No: la violenza che produrrà l’abolizione della società di classe sarà al contrario la fine del dominio della morte sulla vita. NOI VI ACCUSIAMO SICARI BUROCRATI CAPITALISTI DI FRONTE AL TRIBUNALE DELLA LOTTA DI CLASSE DAL QUALE SOLO IL PROLETARIATO ASPETTA GIUSTIZIA, DELLA STRAGE DI PIAZZA FONTANA E DELL’OMICIDIO DEL COMPAGNO ANARCHICO PINELLI. Il vostro potere, il potere dello stato, l’unico che avesse un interesse decisivo, è anche l’unico al riparo da ogni inchiesta perchè esso rappresenta il potere delegato della falsa coscienza che può fare sparire tutte le prove (la morte di Pinelli, la bomba alla Banca Commerciale fatta brillare). Il potere dello Stato e dei suoi servizi segreti ha le spalle coperte dalle menzogne esibite come dalle verità dette a mezza voce: così i giornali della sedicente “sinistra” fanno circolare voci su un possibile colpo di stato di destra. L’ideologia sviluppa la sua offensiva sublimando la lotta di classe nello scontro ideologico fra capitale “progressista e arretrato”. Contemporaneamente la sedicente “estrema sinistra” parlamentare ed extraparlamentare rispolvera il mito riformista del fronte unito anti fascista in cui sfruttati e sfruttatori dovrebbero unirsi in nome della concessione di nuove fette di potere alle burocrazie pseudo-operaie del P.C.I. e dei sindacati. Ma il colpo di Stato non avrà certo per protagonista le frange più reazionarie della Confindustria, bensì sarà quello che porterà democraticamente al potere la nuova maggioranza formata dalle burocrazie di ricambio socialiste. Il contrasto tra i vari livelli di sviluppo capitalista parte da un minimo sancito e irrinunciabile : l’organizzazione del consenso allo sfruttamento estorto al proletariato, la partecipazione simbolica alla democrazia formale e parlamentare, la dinamica interna salari-profitti. Lo scontro non esaurisce, né lo vuole, questa dialettica che permette la sopravvivenza ad entrambi e l’esaurimento invece dello scontro tra progresso e reazione. Il grande revival dei moralismi che accompagna l’offensiva dell’ideologia svela gli obbiettivi veri della farsa-inquisitoria sugli attentati, nella quale sono impegnati polizia e stampa, e l’unità di intenti dal “Corriere” all'”Unità”, tutti decisi a far luce sul sottobosco politico negli ambienti dell’estremismo di sinistra. “Il quadro degli arrestati e dei loro amici anarchici delineato dai verbali non fa che ribadire quanto già si sapeva di quel sottobosco dell’estremismo: sbandati dalle idee confuse, alla disperata ricerca di un lavoro stabile, sempre alla caccia delle mille lire per mettere insieme il pranzo colla cena, locali fumosi per le riunioni, amicizie strane con personaggi dell’internazionale anarcoide (nel modo di vita più che nelle idee politiche). Sul piano strettamente politico una risultanza chiara c’è già: a Roma come a Milano e in altre città d’Italia la degradazione nella frangia estremista nata dalla contestazione studentesca, avevaraggiunto un punto critico, quei circoli eranoormai dei centri d’infezione, aperti a tutto, alla violenza senza ideale, allo squadrismo, alla provocazione, alla delazione. La tragedia di Milano almeno questo obbiettivo ha raggiunto: metterne allo scoperto la miseria morale e la bassezza politica” (IL “GIORNO” 13 GENNAIO 1970). I morti sono morti perchè la borghesia potesse vomitare la sua anima e spacciarla per l’anima dell’estremismo dandolo per spacciato. Invece la coscienza della provocazione accumula la rabbia proletaria, la spinta latente della sua collera, globalmente negatrice dello stato di cose, l’unico capitale che il proletariato abbia accumulato nella storia. E’ chiaro, per chi non abbia il cervello più spappolato della merda o non sia completamente arruffianato ai padroni che la violenza apocalittica del sitema è l’ammissione della sua crisi irrimediabile. Ai sindacati che s’incaricano di difendere di fronte ai lavoratori le ragioni dell’economia spiegando che non si può tendere troppo la corda, i proletari rispondono: “i padroni non possono forse pagare di più, ma possono scomparire”. L’apertura del fronte continuo dell’insubordinazione generalizzata, che consente nello spazio aperto dell’autogestione delle lotte la sostituzione immediata del valore d’uso al valore di scambio, inaugurando apertamente nello sciopero, più o meno clandestinamente nel lavoro, il regno della gratuità, organizzando nei grandi magazzini la distribuzione delle merci, appropriandosi collettivamente dei prodotti del lavoro, liquidando le gerarchie e lo spirito di sacrificio, incoraggiando la creatività di tutti con l’invenzione di manifesti, canzoni etc.. – è già stata inaugurata eccezzionalmente nelle lotte più radicali del ’68 e del ’69. Il sabotaggio va condotto nel futuro permanentemente, nella fabbrica e a tutti i livelli della società, fino ad instaurare, laddove le lotte abbiano già avanzato la critica della Scienza, della Merce, del Lavoro, il caos permanente nell’organizzazione capitalista della “pace sociale”.

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Chi ha vinto è la merce

A cura di un gruppo di operai del C.A.P.Genova, novembre 1969.

È stato scritto in assoluta autonomia da alcuni portuali genovesi in contatto con i ludditi, nell’autunno del 1969. Ludd si era limitato a fornire l’uso delle macchine e, forse, a suggerire il bel titolo che risulta un poco calato sul testo. Ma Dellacasa, ai tempi, aveva sostenuto che anche il titolo se l’eran fatto da soli. (P.R.)

CGIL CISL UIL CISNAL – ACCADEMIA SINDACALE DI POLIZIA

Manifesto-detournement-disvelamento del Sindacato di Polizia.

Roma, 10 ottobre 1969.

OPERAIO!!

Vieni con noi, nella nuova POLIZIA OPERAIA. Essa è moderna ed efficiente, usa la discussione contro i timidi, il manganello contro i decisi.
Essa è economica: non spreca le pallottole ma uccide più in fretta la rivolta operaia.
La vecchia polizia, i PS e i carabinieri, potevano essere sconfitti, poiché, al di là delle loro divise, l’operaio vedeva la propria libertà
Tutti ci hanno visti al lavoro mentre ti intruppavano, impedendoti di vedere le cose da distruggere: la fabbrica e i suoi servi, la morte quotidiana.
Tutti riconoscono la nostra efficienza: la “Stampa”, il “Secolo”, “L’Unità”, Donat Cattin e i prefetti.
Noi siamo il nuovo cordone sanitario. Noi ci poniamo fra gli operai e l’Ordine per difenderlo; noi difendiamo la Produzione contro chi la può distruggere; noi difendiamo l’Economia, lo Stato.
Operaio, Ricorda!
Noi non ti uccidiamo

NOI TI CASTRIAMO!

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Ai lavoratori consortili

Volantino, Genova 15 aprile 1969.

A proposito di un’assemblea svolta il 10 aprile nell’officina del C.A.P., «per decidere l’atteggiamento da assumere dopo i gravi fatti di Battipaglia». Firmato da Manstretta e altri.

Una rivolta esemplare (Battipaglia)

Un gruppo di compagni. Genova, 11 aprile 1969.

UNA RIVOLTA ESEMPLARE

La gente quando si rivolta conosce i suoi obiettivi: a BATTIPAGLIA non hanno portato petizioni al prefetto, ma hanno cercato di dare fuoco al municipio ed hanno devastato l’esattoria delle tasse, non hanno colloquiato con le forze dell’ordine, ma le hanno assediate nel cimitero ed hanno incendiato il commissariato, non si sono lamentati del prezzo delle merci, ma hanno saccheggiato alcuni negozi, non hanno infine fatto una processione ma hanno bloccato la ferrovia e l’autostrada e hanno continuato a battersi fino al rilascio dei fermati.

La gente quando si rivolta sa quello che vuole: farla finita con tutta l’oppressione e i suoi simboli odiosi, farla finita con lo sfruttamento ed i suoi gestori.

I borghesi si preoccupano e dipingono a tinte fosche la situazione: esasperazione, teppismo, confusione, anarchismo: NO, È MOLTO PIÙ SEMPLICE, LA GENTE VUOLE FARLA FINITA CON QUESTA SOCIETÀ. Ha intrapreso la strada che non ha sbocchi per chi segue la logica del bravo borghese o dell’ordinato cittadino; le azioni rivoluzionarie possono essere recuperate solo con la menzogna o col silenzio. A nulla servono gli appelli del governo alla calma, i telegrammi cinici di Saragat alle famiglie delle vittime… LA CALMA DOPO AVOLA È L’INCENDIO DI BATTIPAGLIA, e i sindacalisti non possono imporre rivendicazioni e devono solo gettare acqua sul fuoco.

E che fa l’opposizione? Quella seria, quella comunista? Cerca di far rientrare una vittoria all’interno della tradizione della sconfitta, cerca di circoscrivere l’incendio, collabora nel formare intorno a Battipaglia un solido cordone sanitario.

Ma gli obbiettivi veri, quelli della rivolta, dove sono andati a finire? Quelli vanno conculcati, respinti indietro. Delle vittorie, delle azioni reali, esemplari, chi parla? Non l’Unità che piange sui morti, unica vittoria degli avversari, e cerca di dare ai lavoratori solo l’immagine della loro impotenza, della frustrazione della sconfitta. È l’unico modo che le resta per tentare di far rientrare il movimento all’unico livello che essa conosce, quello della democrazia borghese.

Quotidianamente ci illudiamo – la società civile ci facilita in questa illusione – che le cose che ci circondano siano nostre, che il loro uso, il loro possesso ci sia permesso, sia pure mediatamente, attraverso il denaro, salario od altro che sia: è un’illusione che Battipaglia oggi distrugge.

Quando degli sfruttati negano e bruciano una società che li opprime ed affermano il loro potere reale sulle cose, si impadroniscono di una città, le forze di chi oggi ha in mano il potere distruggono gli uomini, li uccidono perché la società borghese, espropriatrice dell’uomo, non può tollerare di essere espropriata.

Di fronte agli sfruttati che guardano verso l’incendio di Battipaglia con speranza, non ci sono obbiettivi intermedi, richieste da fare alla democrazia. Poiché là non ci si difende – si attacca – non bisogna chiedere il disarmo del nemico, ma le armi per i compagni. E se per noi il momento non è ancora venuto, non bisogna versare lacrime di coccodrillo sui compagni di Battipaglia, ma imparare che il nemico o lo si attacca o la nostra sconfitta è permanente.

Un gruppo di compagni

Genova 11/4/69

Il tarzan della produzione

Ritaglio per un volantino. Senza data.

Su retro c’è scritto:
Indirizzare a:
Gianni Armaroli ‑ C.P. 1853 ‑ Genova
LUDD

Declino e caduta del movimento studentesco

Declino e caduta del movimento studentesco, a cura del Centro di rianimazione del Movimento studentesco. Genova, senza data.

Volantino diffuso all’università di Genova ad opera dei ludditi Mario Lippolis e Alfredo Passadore, probabilmente al principio dell’anno scolastico del 1969. Raramente si è veduta un’aggressione più brutale della condizione studentesca, cui ci si propone di rimediare con una cura composta di schiaffi, sputi, scoregge, cagate in faccia e cazzi nel culo. Il limite di questo tipo di interventi consiste nel fatto ben noto: chi legge pensa che quel trattamento sia azzeccatissimo per gli studenti… salvo che lui personalmente non si percepisce come tale.
Questo, di considerarsi quelli che hanno capito, e di trovare ascolto solo fra quelli che ritengono a loro volta di avere capito, sarà regolarmente un tallone d’achille della critica radicale. (P.R.)

Contributo di alcuni compagni, premessa sostanziale a qualsiasi discorso sulla ricostruzione del movimento studentesco.

TENTATIVO DI RIANIMAZIONE

Bene, io lo stendo sul canapè, voi amabile Juliette, inginocchiata davanti a lui, continuerete a riscaldare nella vostra bocca di rosa il membro gelido del mio povero signore. Io so che nessuno meglio di voi riuscirebbe a riportarlo in vita. Voi ragazze bisogna che veniate, l’una dopo l’altra, a fare tre cose assai singolari su di lui: schiaffeggiarlo prima con forza, sputargli in faccia, scorreggiarli poi sul naso: appena avrete finito di fare ciò, vedrete gli effetti sorprendenti di questo rimedio.

La vecchia comanda, tutto viene eseguito, ed io confesso che resto confusa dalla superiorità di questo sistema mangereccio: il pisello si gonfia nella mia bocca al punto che appena riesco a contenerlo. È vero che non ci si poteva rendere conto della rapidità con cui tutti i fatti comandati venivano eseguiti sul povero vecchio, e nulla era piacevole come i differenti rumori che riempivano di volta in volta l’aria, la molteplicità di quelle scorregge, di quegli schiaffi, e di quegli sputi. Infine il pigro strumento si gonfia al punto che io temo che scoppi tra le mie labbra, quando, alzandosi in fretta, Mondor fa segno alla sua governante di preparare tutto per la conclusione: al mio culo è riservato l’onore. La vecchia mi mette nella posizione adatta alla sodomia: Mondor, aiutato e guidato dalla sua governante, si affonda all’istante nel tempio dei più dolci piaceri di questa passione: ma non ho ancora detto tutto.

Questo non sarebbe riuscito senza l’episodio crapuloso con cui Mondor coronò la sua estasi. Accade mentre il vecchio mi inculava:

1° – Che la sua governante, armata di un immenso cazzo finto, gli rese il medesimo servizio che lui mi rendeva.

2° – Che una delle ragazze, inginocchiata sotto di me, facesse fare molto rumore alla mia fica masturbandola con la lingua.

3° – Che un bel culo si offrisse a ciascuna delle mie mani.

4° – Infine che le due ragazze che restavano sollevate a cavalcioni, la prima sui miei reni, la seconda sui reni di questa, cagando insieme, inondassero di merda, l’una la bocca del vecchiardo, l’altra la sua fronte.

SCHEMA DI RICOSTRUZIONE

Elisabetta, stesa sul dorso, ai bordi del letto; Delbene, stesa tra le sue braccia, si fa sfregare il clitoride. Flavia in ginocchio e, con le gambe sul letto, la testa all’altezza della figa della Delbene, la solletica con la lingua, schiacciandole le cosce. Sotto Elisabetta, Saint-Elme, con il viso sotto il culo di quest’ultima, prestava in pieno la sua figa ai baci della Delbene, che Vomar inculava con il suo clitoride infuocato. Mi si attendeva per completare il gruppo.

Stesa un po’ oltre la Saint-Elme, io le offro da leccare il contrario di ciò che lei si faceva succhiare sul davanti. Delbene passava con incostanza e rapidità dalla figa della Saint-Elme, al buco del mio culo, leccando, pompando ardentemente l’uno e l’altra.

De SADE, “Juliette, les prosperités du vice”

a cura del Centro di Rianimazione del Movimento Studentesco