Sull’ipotesi di scioglimento di Ludd. Dichiarazione di Mario Lippolis, manoscritto in quattro punti.

Genova, inizio giugno 1970.

I) Sono stato informato degli ultimi avvenimenti dai compagni: Luigi, Giovanni, Giorgio, Andrea, Claudio e Sergio R. Richiesto di esprimere un parere sulla sorte del gruppo per la riunione di giovedì 11 giugno, nel caso non abbia puro carattere amministrativo, lo faccio.

II) Sono favorevole allo scioglimento incondizionato del gruppo. La sua decomposizione era evidente già da tempo. Come nel caso della ex Lega, anche se in scala più ridotta, esso era il frutto di un indebito e artificioso prolungamento e di una surrettizia istituzionalizzazione di una momentanea convergenza di intenti intorno ad un’iniziativa delimitata. Esauritasi quest’ultima il suo posto nel ruolo di “elemento coesivo” è stato preso per un certo tempo dall’ideologia consigliare per l’occasione nazionalmente “unificata”. Sgretolatasi rapidamente quest’ultima non è rimasto di comune ai membri del “gruppo” che l’estrinseca “necessità” di riunirsi imposta dall’“essere un gruppo” con una sede, una macchina e un’identificazione imposta dall’esterno (altri gruppi ecc.), magari per chiedersi cosa era e cosa voleva “il gruppo”. L’iniziativa editoriale si era da parte sua “autonomizzata”, favorita anche dall’indeterminatezza del contenuto di ciò che si sarebbe dovuto pubblicare.

III) Il “lavoro di gruppo” coi suoi “pregi” (i frutti che darebbe il vedersi regolarmente per collaborare di gente che non è spinta e tenuta insieme da uno scopo chiaro e intimamente necessitante che funga per tutti da piano dell’oggettività (intersoggettività razionale) è una cazzata. Se ne sono accorti persino dei sociologi americani. Esso non solo non aggiunge niente a quanto viene prodotto dai singoli individui, ma anzi ne impedisce spesso e volentieri la comunicazione e l’utilizzazione. Diventa il luogo dove ognuno sfoga, sotto vari pretesti, la sua aggressività o le sue angosce in maniera essenzialmente solitaria. I feroci quanto ciechi “scontri” delle riunioni nazionali e l’atmosfera mostruosa che vi si instaurava ne sono un esempio. In queste condizioni ogni effettiva e utile produzione, sia teorica che pratica, è resa impossibile, mentre si aprono le porte all’attivismo disperato (o alla disperazione inattiva) ai colpi di testa, alle “querelles” personali, ai pettegolezzi, all’astio, come pure all’afflusso indiscriminato di individui in cerca di “qualcosa da fare” o da “pensare”, di una affiliazione politica, o di semplici chiacchieroni.

IV) È necessario che ognuno vada per la sua strada. Ogni tentativo di “mediazione” riporterebbe nel meccanismo democratico. Ma dato che mi sembra, a quanto ho potuto sentire, che il dibattito sulla “strada” da prendere sia stato molto chiaro e che mi è parso di aver udito accenni di ragionamenti o prospettive aberranti (oltre che significanti passi indietro di 200 anni) preciso qui le mie opinioni in alcuni punti che riguardano il futuro – per brevi accenni dato che le considero già note.