Al Signor Giulio Bollati di Saint Pierre.

Novembre 1977

Signor Bollati,Benché, come direttore della casa Einaudi, lei abbia a trattare affari di grande momento, non disdegnando di occuparsi del mio libro lei dimostra di possedere al sommo grado la rara virtù di non disprezzare le piccole cose.

La lettera da lei inviata a Tuttolibri del 19 novembre, e pubblicata sotto il titolo “Identikit di un falsario”, rende giustizia alla sua scrupolosità nella ricerca dell’autore delle Lettere agli eretici, e, se non dà lustro al suo fiuto, è nondimeno una prova della buona volontà con cui lei assolve anche alle più ingrate incombenze che le competono. È questo zelo generoso, proprio di un uomo tanto “attento alla storia delle nostre generazioni”, che Giulio Einaudi dovrà apprezzare nel suo giusto valore e ancora una volta in lei – ed io colgo qui l’occasione per felicitarlo di averle affidato la direzione della sua casa editrice.Lei è effettivamente un personaggio molto considerevole, Bollati di Saint Pierre: l’elevazione del rango, la brillante fortuna, il nome glorioso e le scelte progressiste, basterebbero a sostenerla, anche con talenti inferiori a quelli che lei possiede. L’uso che lei fa di vantaggi così poco comuni, avrebbe forse potuto essere più onorevole per lei, ma non poteva essere più istruttivo per il genere umano.In qualunque altra causa, non dubito che lei avrebbe pesato accuratamente le conseguenze che potevano risultarle dall’esporre il suo nome e la sua reputazione ai sarcasmi e alla malignità del mondo. Ma in questo caso, presumo, lei ha pensato di mancare alla fiducia e all’amicizia del suo padrone, ritardando anche di un solo istante la pubblicazione delle sue conclusioni a proposito del mio libro, anteponendo una sollecitudine ardita ad ogni prudente riflessione.Non posso quindi impedirmi di ammirare il coraggio col quale lei ha sottoscritto l’ “Identikit di un falsario”, e, se la sua lettera non provasse altro che il suo coraggio, la mia potrebbe finire qui, su questo elogio. Ma poiché il suo ardimento consiste, in questo caso, essenzialmente nel pubblicare, in decine di migliaia di esemplari, le più incredibili stupidaggini a proposito del mio pamphlet, sarà piuttosto di queste che converrà parlare.Lei afferma, tanto per cominciare, che Lettere agli eretici è “l’opera di un letterato moralista” assai più che di “un militante fazioso”. Ora, lasciando da parte l’espressione alienata di “militante”, il fatto che io risponda alle sue ottusità, e non a quelle dette da tanti altri a proposito del mio libro, dovrebbe provarle sufficientemente che io sono molto più fazioso che letterato; e questa mia parzialità arbitraria fa anche giustizia dell’infelice attributo di “moralista”.Lei si vanta ben a torto di conoscermi, Bollati, allorché non è nemmeno capace di riconoscere Céline da Stendhal! Se, delle due cose, la prima può anche essere una garanzia per la mia reputazione, la seconda ci garantisce a tutti che la sua è per davvero una cultura progressista, di sinistra: quella cultura, per intenderci, che si vanta di ignorare Céline; Nietzsche, Tocqueville, Hegel, Burke e Tucidide; perché le loro opere sono il marchio di «quella cultura “reazionaria” » e “disordinata” che lei generosamente mi attribuisce, e «che contrasta da sempre l’avvento del “mondo moderno”». Niente-meno!Lei è un imbecille, Bollati di Saint Pierre, e la sua cultura ordinata e progressista non conosce Céline, ma in compenso conosce così bene Stendhal da non distinguerlo dal “reazionario” autore di Voyage au bout de la nuit. Come se fosse la cultura ad essere ontologicamente “reazionaria” o “progressista”, e non l’uso che se ne fa! In mano a lei non solo il mio libello, ma i Manoscritti del ’44 diventano un’opera reazionaria, perché, se non ha capito il mio, sarà impossibile che comprenda quelli. Non si è mai domandato, Bollati, per quale arcana alchimia i libri di Hegel o Ricardo in mano a Marx sono diventati rivoluzionari? E quelli di Marx, in mano sua, carta da macero e merci da supermercato?Non mi dispiace notare di passata che, dopo aver proclamato l’autore delle Lettere agli eretici un “conservatore”, anzi un “reazionario”, un “deluso” che «contrasta l’avvento del “mondo moderno”», non mi dispiace notare, dicevo, che dopo questi pomposi anatemi, il progressista Bollati si tradisca aggiungendo candidamente: “dev’essere vicino a noi (…) forse lo vedrò stasera (…) appartiene al nostro mondo culturale e umano”. Ma che bella gente voi progressisti incontrate alla sera! Che bel mondo! Che umanità!Aveva la pretesa di fare il mio ritratto, vero Bollati? Anzi il mio “identikit”: ebbene, invece lei ha fatto il suo!Ci vuole poi tutta la sua perspicacia per citare, fra i possibili autori, il suo degno compare Nanni Balestrini, al quale qui, fra l’altro, lei dimostra un’ingratitudine che difficilmente lui le perdonerà, perché se Balestrini non esistesse, sarebbe lei, Bollati, a meritare la palma come il più derisorio fra gli intellettuali progressisti d’Italia. O è forse proprio perché ciò le suscita invidia, che lei non ha esitato ad accusare l’infelice Balestrini, dal momento che lui, per parte sua, si era già affrettato a dichiarare a Panorama di “non condividere” il mio pamphlet – cosa che nessuno gli domandava – perché lo considera, come lei, “di destra”? Come vede, Bollati, e a dispetto dei suoi timori, nel vostro miserabile mondo “culturale e umano” tout se tient.Di destra o di sinistra? That is the question! Come tanti diligenti scolaretti di teologia, voi vi ponete, di fronte alle birbonate che vi gioca la realtà, che non capite, questa maliziosa e ricorrente questione metafisica. Tutto ciò che sfida le vostre certezze progressiste dev’essere immediatamente ricondotto ai minimi termini di questo dilemma: “di destra” o “di sinistra”? E, sotto la mannaia della vostra critica senza concessioni, la risposta, che precede sempre la domanda, è sempre la stessa: “di destra”. A vostra attenuante, va detto che è lungi da voi progressisti non solo la pretesa di avere qualche apparenza di ragione che giustifichi la conclusione, ma non v’importa nemmeno di simulare un ragionamento; ciò che importa è la conclusione, che è: “di destra”. Poiché questa magica formula è l’unica capace di rassicurare la vostra falsa coscienza, e poiché la vostra cattiva coscienza non domanda altro che di essere rassicurata, voi non esitate a pronunciarla ogni-qualvolta la realtà vi inquieta; Ed effettivamente riconosco che lei ha ragione, Bollati, di essere inquieto, in un tempo in cui il disordine è non solo nella mia cultura, ma nella strada e nelle fabbriche.Tutto ciò che nuoce alla sinistra, dunque, è “di destra” – secondo lei, secondo il suo padrone, secondo l’eurostalinista Berlinguer. Se, per esempio, domani scoppiasse in Italia una rivoluzione sociale, è evidente che questa nuocerebbe alla sinistra (per il semplice fatto che gli operai impiccherebbero i burocrati sindacali e stalinisti accanto ai capitalisti e ai loro managers). E allora, Bollati, questa rivoluzione sarebbe “di destra”, seguendo la sua metafisica e la sua ontologia, e non dubito che lei, coraggioso com’è, la condannerà fermamente dall’alto del patibolo, dicendo agli operai che, eseguendo la sentenza, stanno «contrastando l’avvento del “mondo moderno”» che uomini della sua tempra hanno invece sempre favorito (anche facendo sequestrare dalla magistratura il mio libro “reazionario”). Purtroppo per lei e per i suoi complici, quando gli operai saranno giunti a quel punto, sarà proprio perché la vostra logica metafisica non avrà più corso; e perché la logica che loro seguiranno sarà dialettica. E la dialettica non conosce “destra” o “sinistra”, ma solo la propria ragione, la ragione della storia.In realtà, oggi, niente di ciò che nuoce alla destra è “di sinistra”, e niente di ciò che nuoce alla sinistra è “di destra”, e mi pare francamente curioso che nel paese del “compromesso storico” esista ancora qualche ingenuo come lei per dubitarne. La storia non funziona come un parlamento, Bollati, e la sua dialettica non ha niente a che vedere con ciò che va sotto il nome di “dialettica parlamentare”. La storia non è mai né “di destra” né “di sinistra”, né presta attenzione a personaggi come lei. E sono proprio la storia e coloro che la fanno che oggi nuocciono, imparzialmente, all’ala destra e all’ala sinistra del vecchio mondo, le quali non cessano di accusarsi invano della stessa cosa, mentre questo va scomparendo.Quando, col mio pamphlet, io mi sono preso gioco del suo padrone, di Berlinguer, e di tutte le vedettes della nuova sinistra, io mi sono molto semplicemente preso gioco dello spettacolo della ribellione – e non certo della ribellione allo spettacolo dominante, di cui il mio libello è un esempio fra cento altri. Per capire che Lettere agli eretici è un’impostura sovversiva, non è necessario essere particolarmente addentro negli affari della rivoluzione mondiale: è sufficiente essere intelligenti, se alcuni commentatori borghesi, come Calasso sul Corriere, lo hanno capito.Da qualche parte, nella sua lettera, lei lamenta che non tutti fra “coloro che si sono occupati del libello hanno ritenuto che per sapere chi ne fosse l’autore fosse necessario leggerlo”. Le do atto che qui, accorgendosi dell’utilità della lettura, lei ha ragione. Se la gente non leggesse sarebbe un guaio, per lei in special modo perché perderebbe il posto di lavoro. Ma ciò che lei non sospetta nemmeno è che, ancor più utile della lettura, è la comprensione di ciò che si legge. Vede, Bollati, questa è una banalità, ma una banalità che le avrebbe agevolmente evitato di dirne così tante come in “Identikit di un falsario”. Che il direttore della Casa Editrice Einaudi non sappia scrivere, non è certo cosa di cui sia lecito stupirsi, e del resto nessuno glielo domanda. Più singolare è che questo direttore editoriale non sappia nemmeno leggere, al punto che la sua letterina a Tuttolibri ci mostra. Ma nemmeno di questo mi stupisco particolarmente, poiché mi è noto il vecchio adagio: “tale il padrone, tale il servitore”. Chi tuttavia leggesse questa mia lunga lettera indirizzata a qualcuno che accuso con tanta ragione di non saper leggere, potrebbe rilevare in questa contraddizione implicita un’inconseguenza nel mio comportamento; e ad una obiezione tanto giustificata, non saprei in verità con quale argomento rispondere.Per farmi perdonare da questi altri lettori, farò dunque un facile e breve sunto di ciò che le ho detto, Bollati, a suo uso e consumo privato ed esclusivo.Le ho detto: – prima di tutto che lei è un coglione, e mi pare di averlo dimostrato senza gran fretta né fatica; – che lei è un ignorante convinto che tutto ciò che differisce dalla sua ignoranza “contrasti l’avvento del mondo moderno”; – che lei è un progressista virtuoso, che accusa i sovversivi di essere reazionari, ma che “alla sera” cena volentieri con i reazionari sans phrases; – che sfortunatamente il suo “Identikit” non si adatta a me, ma in compenso si adatta perfettamente a lei; – che lei è un metafisico: che disquisisce a vanvera, e a pagamento, di destra e di sinistra, come si usava in altri tempi disquisire del sesso degli angeli; – infine, e ciò compendia tutto il resto, le ho dimostrato che, se il pensiero astratto non è il suo forte, Bollati, la cialtroneria concreta non è il suo debole. Per concludere, le dirò che non voglio appagare la sua “curiosità paesana” sulla mia identità, ma posso eliminare alcuni dei suoi “sospetti nevrotici”, per servirmi delle sue espressioni.

Non sono "il celebre Censor, cioè Gianfranco Sanguinetti"; ma ho motivo di credere che a Sanguinetti non dispiaccia constatare di non essere il solo, in Italia, a ridicolizzare i potenti e gli imbecilli. E anzi trovo francamente bizzarro che lei, e tanti suoi pari, ricordino oggi con tranquillità "il celebre Censor", dimenticando allegramente la figura che un paio di anni fa vi ha fatto fare.



Non ho mai sentito parlare del citato "professor Losardu". Non ho mai messo piede a Segrate, né in alcuna redazione. Quanto ai situazionisti, tutti sanno che l'Internazionale situazionista non esiste più, anche se i situazionisti sono oggi dappertutto, nelle strade e nelle fabbriche in rivolta.



Chi credeva di poter ingannare, Bollati, con la sua ridicola lettera? Di chi sperava di guadagnarsi la riconoscenza?

Sono, queste, domande alle quali lei non risponderà, e del resto non è affatto necessario: la sua vita privata e il suo comportamento pubblico vi rispondono già a sufficienza.



Habent sua fata libelli, Bollati, imbecillesque quoque!

L'autore di Lettere agli eretici 


P.S. – Un’ultima parola, diretta questa volta non a lei, Bollati, ma al suo padrone, propugnatore della libertà di stampa a Mosca, ma molto sollecito a far sequestrare libri in patria. Leggendo questa lettera, indirizzata al suo tirapiedi, Einaudi, lei non potrà credersi risparmiato, perché de te fabula narratur. Che lei sia “un’anima sciocca”, non ha ora né grande importanza né bisogno di ulteriori prove: oltre che da tutto quello che lei è, ciò è provato dal semplice fatto che si serva di gente come Bollati.


Giulio Bollati al direttore di Tuttolibri (*)Caro Direttore,Ne parlano proprio tutti, e a me dispiace aggiungere altre parole, perché contribuisco a ingigantire un episodio che ha già troppo eccitato la curiosità paesana di alcuni, il sospetto nevrotico di altri. Curiosità e sospetto che si trovano d’accordo nel preferire l’ipotesi ingegnosa, l’appagante invenzione alla sicuramente modesta realtà. Di certo e di interessante nella vicenda di questo pamphlet c’è questo (e non credo che ci sarà molto di più): che vi si può scorgere il segno di una tendenza sempre più rapida al trascurare o addirittura ignorare i fatti per inseguire le interpretazioni, i significati, ciò che “‘sta dietro” ai fatti stessi. Nel caso in questione, pochi di coloro che si sono occupati del libello hanno ritenuto che per sapere chi ne fosse l’autore fosse necessario leggerlo. Di qui una pioggia di supposizioni così contrastanti e contraddittorie da scuotere la già scarsa fiducia di chi credeva di dover cercare un indizio di verità dove solo può trovarsi, cioè appunto nel testo. A meno che – e questo è il sospetto supremo – la confusione non sia già tutta all’origine, e ci si trovi alle prese con uno scrittore che scrive diversamente da come pensa, ignaro di qualsiasi connessione tra il fine e i mezzi.Balestrini? I situazionisti? Il celebre Censor, cioè Gianfranco Sanguinetti? un redattore di Segrate? Il professor Losardu? E poi: autore singolo o collettivo? E il luogo: Milano, Roma, Torino? E ancora: perché escludere che si tratti di una donna? Non so, e a dirti la verità, non mi interessa. Quel poco che conta lo dice il libro. Tutt’altro che indecoroso nello stile, è assai più l’opera di un letterato-moralista che di un militante fazioso. La tesi è classicamente conservatrice: gli eretici, i ribelli, cioè nella fattispecie femministe, radicali, omosessuali, fazioni armate, ecologisti ecc., si illudono di liberare la spontaneità e creatività della vita, ma di fatto collaborano col Partito comunista a perpetuare e perfezionare l’orcline sociale vigente. Non c’è molto di nuovo: siamo nella linea di quella cultura ” reazionaria ” che contrasta da sempre l’avvento del ” mondo moderno “, inteso come degradazione e morte dei valori. Per intenderci, la linea De Maistre-Ceronetti.L’autore è dunque un sentimentale, forse un deluso cui sono venuti meno i sogni rivoluzionari della giovinezza. Lo immagino infatti di età media e di statura media. Appartato, anche se si confida con uno o più amici. Uomo di vaste e disordinate letture, spazia da Macrobio all’ultimo elzeviro di gran firma del ” Corriere “, indugiando lungamente su Swift. Stendhal dev’essergli particolarmente caro, se citandone un passo si rifiuta di dichiararne il nome: quasi temesse di confessare il proprio.Un dilettante, insomma, nel senso non spregiativo del termine: chi, del resto, se non un dilettante, immaginerebbe oggi di esporre le proprie idee gratuitamente e nascondendosi dietro il raffinato gioco letterario dell’anonimato? Chi se non un dilettante, perderebbe il filo della sua dichiarazione ideologica per perdersi in lungaggini diligenti, che rivelano la sua fede in quel che dice e rompono la compattezza e la credibilità della parodia?Dev’essere vicino a noi: geograficamente e come frequentazione diretta. Ama la tipografia, l’editoria, le conosce da vicino. E attento e di ottima memoria, e forse colleziona qualcosa: libri? giornali? Non escluderei che sappia di legge, non importa se regolarmente laureato o se abbia gettato il libretto universitario dall’alto di un ponte.Ho l’impressione di conoscerlo, forse lo vedrò staser.a. Ma più probabilmente il “tipo” che sto descrivendo mi sembra familiare perché appartiene al nostro mondo culturale e umano e ognuno di noi ha qualche amico che gli somiglia un poco: ed è una specie non priva di interesse, per chi sia attento alla storia delle nostre generazioni.Se le cose non stanno così, peggio per lui. Se un giorno mi farà sapere che ho sbagliato, potrò rispondergli che un’altra volta stia più attento a quello che scrive. Giulio Bollati


(*) Questa lettera, pubblicata sotto il titolo di ” Identikit di un falsario ” da Tuttolibri del 19 novembre, era preceduta dalla seguente presentazione:Lettere agli eretici di Enrico Berlinguer, il libello attribuito beffardamente al segretario del partito comunista italiano e pubblicato altrettanto abusivamente sotto la sigla dell’editore Einaudi, continua a smuovere un’indulgente curiosità. Si cercano notizie nelle librerie “alternative” dove il libro è venduto a 2200 lire, sperando di risalire, attraverso alla distribuzione, al nome vero dell’autore o degli autori sconosciuti. Si intrecciano, sulla base di complicati dosaggi stilistico-ideologici, ipotesi disparate e tutte a prima vista legittime, che aiutano a capire di quanta confusione si nutra la vita politica italiana. E come accade per i rapimenti, non sono mancate le autoattribuzioni, mosse da vanità o da ulteriore spirito parodistico. Per rilanciare il gioco, passando un’altra volta la mano al finto Berlinguer, abbiamo chiesto a Giulio Bollati, condirettore generale della casa editrice Einaudi, di tracciare per noi un identikit dell’anonimo. 

IMPRESSO NEL MESE DI GENNAIO MCMLXXVIIIDALLA STAMPERIA JOHANN GENSFLEISCH GUTEMBERGDI MAGONZA IN DICIOTTOMILA ESEMPLARIDI CUI XXXV TIRATI SU TORCHIO A MANONUMERATI E FIRMATI DALL’AUTORE