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Piero Coppo – Psicopatologia del non-vissuto quotidiano (agosto 1980)

Pubblicazione a cura del “Gruppo Interdisciplinare Ricerca Medicina e Salute”, C.P. 1, 56030 Casciana A. (Pisa). Formalmente edito da Varani, ma recante la dicitura “Ciclostilato in proprio, Usigliano, Casciana A”.

Si tratta della versione definitiva, che completa “Preliminari” e “Aspetti psicopatologici”, riportati con qualche variazione e sono diventati rispettivamente i Capitoli Primo e Secondo. «Vengono ora riproposti assieme al terzo capitolo inedito perché non pare che il processo storico (…) sia andato talmente oltre da rendere vane le considerazioni contenute in questo opuscolo. (…) Con questa stesura considero chiusa questa descrizione, un po’ sommaria, del senso dell’avventura umana e del momento presente. (…) Nella sezione “Documenti” sono riportati alcuni testi che ho giudicato utili a una migliore comprensione dei temi trattati.»

Nella versione qui riprodotta non sono presenti i Documenti (da pag. 65) che erano i seguenti:

Sulla delazione nel mondo moderno. Inedito del Prof. Pieter Both

Opuscolo pubblicato nel 1980 da Varani Editore, Milano. Dietro lo pseudonimo si cela Pier Franco Ghisleni. Come ulteriore depistaggio, a pagina 2 è indicato “Traduzione dal fiammingo di Elisabeth Vos”.

La pratica della delazione (“pentiti”, “dissociati”, “collaboratori di giustizia”) in quegli anni era ampiamente diffusa, e il finto professore – che ha «dovuto fare violenza» a se stesso per «conservare la necessaria freddezza di fronte al fenomeno» che descrive, la analizza sotto diversi punti di vista. In conclusione del testo è riportata, «come appendice a se stante, una lettera che ho scritto ad un’amica italiana, madre di un giovane che si è rivelato delatore (suo figlio ha tradito negli ultimi mesi del 1979)». Questo scritto è stato subito riproposto, in versione illustrata, dal settimanale satirico Il Male, nel n. 24 del 23 giugno 1980, e, nel 2003, tradotto, in lingua greca, dal fantomatico editore “Cultura della Libertà”, con illustrazione in copertina di Roland Topor.

Qui sotto copertina e retro di copertina della traduzione greca

Traduzione del retro di copertina dell’edizione greca:

Nel 1980, in un’Italia sconvolta dalla lotta armata, dai primi arresti di massa degli appartenenti alla guerriglia urbana e dall’incarcerazione di migliaia di militanti (principalmente appartenenti al movimento dell’Autonomia), in seguito alle persecuzioni del 7 aprile, si osserva il fenomeno di arrestati che denunciano i propri compagni al fine di ottenere condizioni più favorevoli per sé stessi. Si tratta del tema dei “pentiti”, che influenzerà in modo significativo gli sviluppi del movimento antagonista del Paese vicino. In quel periodo, viene pubblicata dalla casa editrice Varani (con sede a Milano) l’opera inedita del professor Pieter Both intitolata Sulla delazione nel mondo moderno. Un’opera unica, secondo l’autore, poiché fino ad allora non era stato scritto nulla riguardo alla delazione e ai delatori. Non sappiamo chi sia esattamente il professor Both, ma alla fine l’identità dell’autore non è così importante (dato che probabilmente nemmeno lui è molto interessato alla propria fama postuma). Ciò che conta davvero – ed è per questo che consigliamo questa sua pubblicazione – è il contenuto originale, frutto di un’osservazione approfondita e di una classificazione caratteristica dei delatori, che rende l’opera costantemente attuale. Se pensiamo, inoltre, agli ultimi sviluppi nel nostro paese, possiamo affermare che, di fronte alle direttive del governo per il riconoscimento e la denuncia dei sospetti (con il sostegno di “eminenti” accademici che difendono la delazione, purché venga fatta alle autorità nazionali e non a quelle “straniere”), quest’opera può essere utilizzata come una guida per il riconoscimento e come un metodo di protezione dai nostri “cari” delatori!

Gli editori

Raoul Vaneigem – Il libro dei piaceri

Traduzione di Le livre des plaisirs, éditions Encre, 1979. Pubblicato da Arcana, Roma, 1980. Traduzione di Dolores Ritti.

Nel gennaio 2024 è stata pubblicata una nuova traduzione di Sergio Ghirardi Sauvageon per Ortica Editrice.

Il caso Berlinguer e la casa Einaudi. Corrispondenza recente

Magonza – Torino, gennaio 1978. Questo opuscolo, di 22 pagine, si accoda alla pubblicazione del falso Berlinguer, Lettere agli eretici. Contiene una lettera indirizzata “Al Signor Giulio Bollati di Saint Pierre”, datata novembre 1977, e da pag. 18, riproduce la lettera di Bollati (allora a capo delle edizioni Einaudi) al direttore di Tuttolibri (supplemento settimanale del quotidiano La Stampa) dove era stata pubblicata con il titolo “Identitik di un falsario”.

Sebbene firmato in calce “L’autore di Lettere agli eretici”, la probabile paternità di questo scritto, tuttavia, non è di Pier Franco Ghisleni, ma di Gianfranco Sanguinetti, che era stato tirato in ballo da Bollati come uno degli ipotetici “falsari” di cui aveva cercato di delineare l’identikit. Sanguinetti entrò così nel caso del “falso Berlinguer” con questo pamphlet di contumelie, precisando, tra l’altro: «Non sono “il celebre Censor, cioè Gianfranco Sanguinetti”; ma ho motivo di credere che a Sanguinetti non dispiaccia constatare di non essere il solo, in Italia, a ridicolizzare i potenti e gli imbecilli». Oltre a rivolgersi a Bollati con «Lei è un imbecille», lo scritto indulge nel prendersi gioco del «suo padrone» Einaudi («propugnatore della libertà di stampa a Mosca, ma molto sollecito a far sequestrare libri in patria»), dell’«eurostalinista Berlinguer» e di «tutte le vedettes della nuova sinistra».

Al Signor Giulio Bollati di Saint Pierre.

Novembre 1977

Signor Bollati, Benché, come direttore della casa Einaudi, lei abbia a trattare affari di grande momento, non disdegnando di occuparsi del mio libro lei dimostra di possedere al sommo grado la rara virtù di non disprezzare le piccole cose. … Read More

Pazzia dell’elogio

Volantino firmato “Milano Maggio ’77”. Poi presente in Insurrezione, 1978.

Enrico Berlinguer (Pier Franco Ghisleni) – Lettere agli eretici. Epistolario con i dirigenti della nuova sinistra italiana

Il pamphlet è un falso di Pier Franco Ghisleni, uscito in alcune librerie “alternative” nell’estate 1977 come numero 99 della collana “Nuovo Politecnico” di Einaudi. Il volume era distribuito dalla Cooperativa Punti Rossi.

Le lettere sono indirizzate nell’ordine a: I) Marco Pannella – In cui si abbozza una riforma dello spettacolo sociale, si biasima il ricorso tradizionale ai metodi cruenti e si sostiene che il risentimento popolare è più utile che dannoso ai governi; II) Goffredo Fofi – Nella quale lo scrivente si chiede se le passioni siano compatibili con la pianificazione dello sviluppo, dà risposta negativa ed invita gli operatori culturali a rappresentare la vita in ogni sua manifestazione; III) Adele Faccio – L’autore spiega perché il femminismo deve essere positivo ed astratto ed auspica che l’estinzione del cosiddetto ganzo non lasci rimpianti; IV) Angelo Pezzana – In cui lo scrivente divaga circa la beltà dei corpi e perviene a formulare la domanda: che fine hanno fatto i pezzi di figa?; V) “X” (Questa lettera è stata inviata al dirigente di una formazione politica propugnatrice della lotta armata, attualmente detenuto. Per questa ragione ci asteniamo dal pubblicarne il nome [presumibilmente Renato Curcio N.d.R.]) – Dove l’autore, dando prova di conoscenze giuridiche non comuni, dimostra che il diritto va inculcato nel popolo; VI) Andrea Valcarenghi – Dove si vede la figura del drogato messa finalmente alla berlina; VII) Antonio “Toni” Negri – In cui il mittente affida ai rivoluzionari una missione di fiducia; VIII) Indiani Metropolitani – Dove si auspica la degradazione dell’ambiente, purché in forma pianificata.

«Queste lettere di Enrico Berlinguer ad alcuni dirigenti della nuova sinistra italiana propongono alla riflessione pubblica le modalità possibili di gestione del potere nella presente realtà italiana. In un momento in cui i conflitti economicosociali del paese tendono a condurlo verso la disgregazione ed i centri di potere si moltiplicano virtualmente all’infinito, Berlinguer interpreta questo stato di cose come necessario in vista di una gestione della realtà non più fondata sul comando, ma sul consenso, ovvero sulla precostituzione del dissenso. Gli antagonismi politici contingenti sono allora visti come momenti dialettici di un’amministrazione del potere che muove perennemente verso forme superiori, ma che tuttavia non può estinguersi, pena la barbarie.

Di prossima pubblicazione:

100. Antonio Negri, La tutela del posto di lavoro durante i sommovimenti sociali. Considerazioni personali.
101. Umberto Eco, Trattato del saper scrivere di nulla.
101. Longo, Vidali, La soluzione finale della questione anarchica in Spagna.
» (Quarta di copertina)

Qui la versione PDF con soltanto il testo

Un’elogiativa recensione di Roberto Calasso (edizioni Adelphi) del 7 novembre 1977 sul Corriere della Sera (QUI) fece scoppiare il caso mediatico (si contano diverse diecine di recensioni sulla stampa italiana), e la caccia all’identità del “falsario”. L’editore Einaudi sporse denuncia alla Magistratura, ottenendo il sequestro del volume, e il pretore penale di Torino, grazie ad una fortuita intercettazione telefonica, istruì il procedimento, che, dopo alcune agitate udienze, si concluse con una condanna a 20 giorni di reclusione per Ghisleni, per il reato di “vendita di prodotti industriali con segni mendaci”, e ad una multa di 200mila lire per un libraio torinese che aveva esposto il falso. (Tre articoli del maggio 1978 sul processo: LUnità del 25/5/78LUnità del 26/5/78Gazzetta del popolo del 26/5/78)

Lettere agli Eretici ha avuto alcune riedizioni, per lo più parziali, l’ultima delle quali inserita nel catalogo della mostra di Maurizio Cattelan Shit and Die, Torino 2014.

Dieci anni dopo ne uscì una traduzione in francese: Enrico Berlinguer (Pier Franco Ghisleni), Lettres aux hérétiques, Ed. du Rhododendron, Grenoble, 1987, preceduta da un Avertissement au lecteur français, dello stesso Ghisleni.

AVVISO AL LETTORE FRANCESE

Nel 1977, quando fu pubblicato Lettere agli eretici, gli apparati del gauchismo erano già in piena decomposizione. Eppure, molte delle vedettes dell’epoca, chiamate in causa dalle critiche del falso Berlinguer, sentirono il bisogno, per credersi ancora vive, di prendere posizione: seguaci delle virtù proletarie, pederasti politicizzati, femministe dal Valium facile e alcuni altri suggerirono surrettiziamente al pubblico che lo sconosciuto autore del colpo editoriale fosse un reazionario.

L’editore Giulio Einaudi, allora considerato figura di spicco della cultura di sinistra in Italia (un ibrido tra Gallimard e Maspéro, perché i lettori francesi capiscano bene di chi stiamo parlando), di cui Lettere agli eretici aveva preso in prestito il marchio, si spinse oltre, non esitando a denunciare lo scritto anche davanti alla magistratura, quella stessa magistratura che, qualche anno dopo, si sarebbe interessata a lui come bancarottiere; la moralità di quell’uomo, inflessibile in materia di falsi letterari, diventava curiosamente flessibile quando si trattava di falsificare i libri contabili. Ma oggi sarebbe crudele accanirsi ancora contro Einaudi, ridotto com’è a vagare da antiquari a galleristi, per svendere gli arredi che aveva accumulato ai tempi delle vacche grasse.

Era l’epoca dell’impegno (l’engagement, come dite in Francia), una formidabile paralisi dello spirito portata fino in Italia dagli atelier boulevardiers di Parigi, dove, negli anni Cinquanta, si elaboravano le mode per la provincia.

Al pari di Einaudi, tutti costoro hanno ormai chiuso bottega, a causa del fallimento generale degli impostori: i militanti del Partito Comunista locale, gli intellettuali di sinistra in generale, i progressisti. Il loro silenzio è stato comprato dall’industria, dai mass media, dai ministeri e dalle amministrazioni locali, dove gli ex-impegnati lavorano ora come quadri. È una buona cosa? Personalmente penso di sì, almeno perché, a questo punto di decomposizione, nessuno, nemmeno la mente più timida e amabile, può esitare a trattarli come vecchie ciabatte. I destinatari delle false lettere di Berlinguer e i loro amici erano tra quelli, e lo sono ancora.

Gli uomini della lotta armata, che pure era apertamente criticata, non hanno mai contestato Lettere agli eretici. Evidentemente, mancava loro il dono della parola – questa res communis omnium. Si era già intuito quando operavano sul campo, e si è poi confermato quando si è trattato di parlare dalle gabbie dei tribunali: afasia in tutti i casi, sia in libertà che in prigionia.

Gli scribacchini dei giornali, al contrario, condannarono a gran voce il testo, alcuni sottolineandone i refusi, altri vedendolo come un pastiche a tesi, insomma troppo esplicito, e quindi mal riuscito. Ma ciò che soprattutto appariva incomprensibile ai letterati era il cui prodest? dell’imbroglio letterario, e sembrava loro inaccettabile che un libretto anonimo potesse non solo essere comunemente venduto e rubato, ma anche ricevere pubblicità gratuita da giornali e televisioni, così, d’emblée, senza che il suo autore fosse in grado di esibire un laborioso curriculum vitae fatto di meschinità, compromessi e adulazioni.

C’è stato anche qualche spirito libero – devo infine riconoscerlo – che ha espresso la sua approvazione per Lettere agli eretici.

Le previsioni del falso Berlinguer sono oggi confermate, in generale: gli “eretici” hanno ritrattato, i new comers socialisti stanno saccheggiando il Paese come faceva Verre, l’opinione pubblica è stata resa stanca e apatica, le starlette e gli showmen (così chiamiamo oggi gli istrioni in Italia) vanno in fregola con i ministri, un po’ come nel 40 d.C., sotto Caligola. Faccio notare di passata che straccivendoli e parrucchieri sono diventati glorie nazionali (voi in Francia non siete nuovi a questo genere di cose). I quadri sono a loro agio, alzano le creste come mai prima d’ora, consumano i loro redditi in una ripugnante bulimia, come quando si getta un pezzo di fegato marcio alle lamprede per catturarle.

Secondo l’aforisma di uno dei vostri filosofi, lo spettacolo è la ricchezza solo contemplata. È questo lo stato dell’Italia nel 1987: un popolo di sordi e di muti che si limita a contemplare lo spettacolo. Un popolo così, finalmente privato di ogni interprete del suo silenzio, «non può ispirare nulla di buono», come diceva Lettere agli Eretici dieci anni or sono.

Settembre 1987

Pier Franco Ghisleni

Infine, nel 2012, una traduzione annotata (informatica) in anglo-americano, ad opera di Bill Brown: Letters to the Heretics: Correspondence with the Leaders of the New Italian Left, leggibile QUI.

CURIOSITÀ D’OGGI. Almeno in un caso, il libro è presentato come autentico nel Catalogo del Servizio Bibliotecario Nazionale (QUI). Inoltre, a inizio del 2024 perfino nella mostra “I luoghi e le parole di Enrico Berlinguer”, tenutasi nei Padiglioni del Mattatoio di Roma,  Lettere agli Eretici è stato trattato come opera del segretario del Pci. Dall’articolo “Il Berlinguer falso alla mostra del Berlinguer vero (Contropiano, 7/2/2024): «il libro era lì in bella mostra, esposto su un enorme tavolo che raccoglieva un centinaio di pubblicazioni dedicate a lui, Enrico Berlinguer».

Giorgio Cesarano, Piero Coppo, Joe Fallisi – CRONACA DI UN BALLO MASCHERATO

La prima edizione di Cronaca di un ballo mascherato è apparsa ciclostilata nel luglio del 1974.

La seconda versione (Varani, Milano 1983) contiene varie modifiche, un intero nuovo paragrafo (9. La ‟vita” è sogno), scritto nell’autunno 1974, e una nuova Appendice. Le note sono state aggiunte da Joe Fallisi.

Versione testo:

El sueño de la razón produce monstruos

Volantino ciclostilato. L’occasione è la conferenza di Agostino Pirella di Psichiatria Democratica al Teatro AMGA di Genova sabato 15 febbraio 1974. Pirella era stato braccio destro di Basaglia a Trieste e dal 1971 dirigeva l’Ospedale neuropsichiatrico di Arezzo. In calce indica come data il 16 febbraio 1974, C/O Studio Medico di Ernest Coeurderoy, Salpetriere, Paris. Succ. italiana: Via O.P. Trieste.

Si criticano gli psichiatri che hanno «scelto il Teatro dell’Azienda del GAS come palco per l’imbonimento alla VITA ASFISSIATA e alla sua VALORIZZAZIONE. È da sempre che chi è naturalmente competente vi riconosce e smaschera come servi-buffoni e pattumiere della psiche. Voi stessi sperimentate la vostra impotenza in crescendo nelle GALERE di cui siete sbirri e preti del dissenso e democratiz…BLEAH…! I vostri noiosi sforzi profilattici in divisa da politici rivoluzionari sono penosi. Futurologi pianificatori del Capitale Terapeutico Socialista e Cristiano. Distruttori racketizzati di Manicomi, vi dite, CREPATE!»

Avviso ai proletari del centro storico – Società per il mantenimento del carattere criminale del centro storico

Programma dello spettacolo secondo i suoi veri scopi, ossia AVVISO AI PROLETARI DEL CENTRO STORICO. Genova, settembre 1971.

DI SEGUITO: Alla rappresentazione del ‟Genovese liberale” gazzarra indegna e aggressioni questa notte nel centro storico.

Articolo tratto dal Corriere Mercantile, Genova, 17 settembre 1971.

PROGRAMMA DELLO SPETTACOLO SECONDO I SUOI VERI SCOPI

ossia: AVVISO AI PROLETARI DEL CENTRO STORICO

Amici, questi riflettori che gettano luce su di voi sono qui perché le potenze dominanti della città vi hanno messo gli occhi addosso e vi si sono coalizzate contro.

La farsa a cui assistete non deve farvi soltanto ridere. Se delle marionette teleguidate vogliono farvi partecipare al loro teatro di burattini è perché gli affaristi che tirano i fili della città hanno deciso che era ora che anche il centro storico venisse a vivacizzare la trama dei loro affari.

Vogliono farvi recitare come comparse nello spettacolo della lotta di classe antica perché hanno paura che viviate da protagonisti la realtà della lotta di classe moderna.

Come i mercanti dei secoli passati mandavano i preti del buon dio a preparare il terreno alle guerre di conquista per le proprie merci, così gli affaristi di oggi mandano ad aprire il passo alle retate di polizia ed alle loro speculazioni i preti della cultura e dell’arte. Al posto di dio, lo spettacolo è diventato il ruffiano del capitale e dello stato, il cavallo di Troia di tutte le più immonde operazioni di commercio e di polizia, che vogliono ridurre ogni istante della nostra vita a un ghetto da cui sia eliminato tutto ciò che non è la compravendita.

È un pezzo ormai che i cani da guardia del capitale vanno richiamando l’attenzione sui “centri storici”. Ciò significa che la società capitalistica europea si sta accorgendo che è fallito il suo tentativo di abolire la storia come il proletariato, e riscopre l’evidenza che esso appunto è il “centro storico” della sua dissoluzione.

Gruppi di intervistatori, commissioni di studio, fotoreporters scorrazzano da tempo nei quartieri al seguito dei poliziotti e dei metronotte e poi abbaiano nei loro ambienti: “zona di disgregazione sociale” per indicare la disgregazione delle loro vecchie bande di affari legali ed illegali, “sentina di vizi” come chiamano la nostra ricchezza di desideri umani, “decadimento del centro storico” ossia decadimento degli investimenti dei loro padroni.

Sociologi, preti, uomini di cultura progressisti, e ultimamente politicanti di “estrema sinistra” predicano sui “disadattati”, “emigrati”, “criminali”, “capelloni”, “travestiti”, “esclusi”: sono i nomi con cui la loro ridicola cultura si maschera gli esseri umani radicalmente proletarizzati che questa società produce.

Come tutti i progressisti ed i falsi rivoluzionari essi «nella miseria non devono che la miseria, senza scorgerne il lato rivoluzionario, sovvertitore, che rovescerà la vecchia società» (Marx).

Il basso prezzo delle case, la forma delle vie e delle piazze che tiene lontano il mostruoso traffico delle automobili, rende facile la protezione dalla polizia e favorisce l’incontro e la comunicazione, la posizione centrale che evita la dispersione del pendolare, fanno del centro storico il centro di una comunità proletaria radicale nel cuore della città degli affari e della politica su cui tende a riversarsi.

Per questo i porci delle classi dominanti odiano il centro storico. Non odiano le miserie che la loro civiltà gli fa subire: le case fatiscenti, la mancanza di luce e di spazio, la vita imprigionata nel lavoro o nella disoccupazione. Essi odiano i suoi abitanti perché ne hanno paura e perché con la loro presenza la vita dell’essere umano contrasta il dilatarsi della vita del capitale.

Quindi quando i porci parlano di “valorizzare” il centro storico, essi non intendono dare ai suoi abitanti i mezzi di affermare il proprio valore realizzando positivamente la propria infinita ricchezza di bisogni umani, ma vogliono dare alle case, ai loro edifici i mezzi di realizzare il loro valore mercantile, facendo aumentare gli affitti fino ad espellerne gli attuali abitanti.

Quando i porci parlano di “risanare” il centro storico è perché vogliono trasformarlo in un cimitero. Musei, Università, botteghe di antiquariato e d’arte, “istituzioni culturali” dovranno venire a rinsanguarne il commercio col commercio che oggi ha più ricche prospettive, quello della cultura morta e surgelata di cui stasera vi offrono un assaggio. I vermi che vivono nel suo cadavere puzzolente, mercanti di desideri morti, pensieri morti, morte sensazioni, mercanti d’arte e di cultura, professori, studenti dovrebbero sostituire gli attuali abitanti e i loro vivi desideri rivoluzionari. E questi dovrebbero essere dispersi nelle periferie, confinati ed isolati nei nuovi lager dell’edilizia popolare.

Amici, non è del domani che stiamo parlando, ma dell’oggi. Gli abitanti della zona di via Madre di Dio stanno già subendo questi progetti: una nuova funebre Piccapietra sorgerà al loro posto. Dovunque il progetto dei porci è lo stesso: distruggere ogni struttura che rende ancora possibile la vita sostituendovi puri canali di circolazione del denaro; distruggere la vita, essiccarla per sostituirvi la morte.

Non vogliamo più essere spettatori di un’apparenza di vita che si basa sulla nostra passività, sia che tale vita apparente venga rappresentata nella cultura, sia che venga incarnata nelle nuove città dove chi non ha denaro da spendere è superfluo.

Rifiutiamo oggi l’invasione dello spettacolo per essere pronti a respingere l’invasione della speculazione mercantile e poliziesca.

VIVA i rivoluzionari messicani che nel ’68 cercarono di distruggere il grottesco spettacolo delle olimpiadi, farsa della comunità internazionale!

VIVA il proletariato cinese che approfittando della farsesca “rivoluzione culturale” tentò di distruggere (oltre al partito) l’arte, la cultura, i loro specialisti.

VIVA i compagni detenuti che in America stanno distruggendo la farsa del diritto, della giustizia e con essa l’industria delle carceri.

VIVA il proletariato dei centri storici d’Irlanda, che col derisorio pretesto della religione sta minando le basi della rinomata democrazia inglese.

Società per il mantenimento del carattere “criminale” del centro storico

Genova, sett. 1971

1970 – DANZICA E STETTINO COME DETROIT

Opuscolo di 53 pagine. «Il testo è stato redatto a Genova nel Gennaio 1971, immediatamente dopo i fatti di Polonia». Stampato dalle Edizioni international, Savona, presso la Tipografia Gazzo, Genova Sampierdarena (Gennaio 1972) in molte copie e con una veste grafica di qualità superiore rispetto alle pubblicazioni del movimento dell’epoca, grazie al finanziamento dell’Università ottenuto da Gianfranco Faina, appena diventato professore incaricato di Storia dei partiti politici. La copertina è in ottone lucido, le pagine in carta patinata lucida; contiene un inserto di sedici pagine disposte in un unico foglio piegato.

Versione originale

Volantone fronte/retro allegato al volume. Contiene una descrizione aggiornata al 1° giugno 1972 della Polonia e due testi scritti e diffusi in Italia nel dicembre 1970 durante la rivolta (Danzica e Poznan come Detroit / Fascisti, democratici e sedicenti comunisti uniti contro la rivoluzione in Polonia) e ascrivibili a Ludd (VEDI QUI)

Qui sotto, la versione reimpaginata (con possibilità di copiare il testo)

1970 – Danzica e Stettino come Detroit

A tutti i condannati all’ergastolo sociale – Movimento Martellista

Volantino firmato Movimento Martellista. Milano, 23 luglio 1970.
(Supplemento n° 3 alla Nuova Gazzetta Renana, dir. resp. Karl Marx).

A TUTTI I CONDANNATI ALL’ERGASTOLO SOCIALE

“La rivolta carceraria è la rivolta contro il carcere quotidiano della nostra sopravvivenza”

Da tempo nelle galere definite “fabbriche” gli operai coscienti (FIAT, Alfa, Pirelli, ecc.) hanno rifiutato la schiavitù quotidiana del lavoro scatenando “teppisticamente” (come giustamente sostengono i giornali borghesi) lotte sempre più radicali contro il sistema di produzione e di sopravvivenza. La “rivendicazione” operaia finalmente non è più stata recuperata all’interno della logica religiosa del lavoro: è stato negato il “potere” tutto il potere perché ciascuno ha capito che solo la rivolta ininterrotta può condurre al potere reale sulla propria vita.

Le mafie burocratiche si sono amaramente pentite di aver fornito con le loro beghe il pretesto ai proletari di Reggio Calabria per scatenare la loro rabbia globalmente negatrice del vecchio mondo contro lo spettacolo accumulato del sottosviluppo e dello sviluppo economico, del sottogoverno e del governo, negando praticamente la merda dell’ideologia e l’ideologia della merda imposta al nord come al sud, ponendo solo più per gli idioti e i burocrati del sottosviluppo mentale differenze economicistiche tra “aree avanzate” e “aree arretrate”. I rivoluzionari del Sud hanno saputo, pur nella loro limitatezza teorica cogliere gli aspetti essenziali della rivoluzione moderna: hanno saputo insomma porsi come teppisti reali, come negatori effettivi della merce, saccheggiando, incendiando, distribuendo gratuitamente merci rubate, pestando i questurini, hanno deriso l’amministrazione della giustizia colpendo l’ingiustizia dell’amministrazione.

Ieri l’incendio della lotta sovversiva è divampato nel caseggiato di P.za Filangeri (comunemente chiamato S. Vittore) rompendo finalmente il compromesso continuo che pratichiamo nel lavoro nel “tempo libero”, in ogni momento in cui ci sacrifichiamo, annoiamo, per garantirci un avvenire ancor più miserevole e infelice di quello attuale; esso è stato spezzato dalla risposta di un mondo liberato. I detenuti, parte della classe dei disadattati collettivi che sarà l’ultima in quanto sceglie il rifiuto del sistema e la rivoluzione come fine di ogni separazione, stanno instaurando una condotta sovversiva lanciando una sfida globale alla repressione ed al film delle gioie fasulle del sistema che li obbliga ad essere spettatori infelici di un destino da altri compiuto. Tutto ciò se lo sono costruiti nelle rivolte degli anni scorsi, riconoscendosi nella rivoluzione solitaria e senza volto che cresce in tutte le galere, anche se chiamate case, “fabbriche”, “scuole”, e così via. I detenuti non lottano contro tori particolari poiché subiscono il torto assoluto della sopravvivenza senza vita, della merda oppressiva fattasi cibo quotidiano.

Ma noi non siamo diversi, il carcere si estende a tutta la società come privazione del consumo di libertà, così come la società è un carcere poiché si pone unicamente come libertà di consumo. A questo punto bisogna praticare l’intolleranza. CI SIAMO ROTTI I COGLIONI. Ribelliamoci.

Non si può piangere sui morti arsi vivi di S. Vittore. Bisogna ardere tutti i nemici, dai funzionari del capitale sociale ai preti alle infami spie ai lavoratori ciechi e asessuati, ai mestruati cronici di tutti i movimenti studenteschi e sedicenti operai, ai burocrati e ai becchini del movimento reale.

Rendiamo la lotta criminale: questo sarà l’assalto presente al mondo delle merci.

Da tempo, democraticamente ci siamo posti come gli aguzzini di noi stessi, imprigionandoci in casa, in famiglia, nel lavoro.

Gli operai della Fiat non sono riusciti a sconfiggere la separazione tra lotta di fabbrica e lotta contro tutta la miseria quotidiana, poiché non hanno praticato sino in fondo il rifiuto della fabbrica e del lavoro, lasciandosi castrare nel momento isolato della fabbrica. Solo rompendo il culo a tutti i mistificatori di professione, ai burocrati, ai fasulli “amici” del proletariato e riconoscendosi in tutte le lotte che hanno un carattere antisociale e dissacratore, gli operai potranno costruire la loro felicità nella rivoluzione.

I teppisti di Reggio Calabria sono stati fottuti poiché gli è mancato il collegamento reale con le lotte proletarie del Nord e una chiara prospettiva organizzativa sovversiva, fondata sulla negazione di ogni potere per l’invenzione del COMUNISMO COMPLETO E SUBITO.

San Vittore è un punto ancora alto della lotta. I detenuti, incendiando e spaccando le loro celle, ci obbligano a compiere delle precise scelte ed a metterci in marcia per distruggere definitivamente le sbarre giornaliere dell’infelicità cui ci obbliga questo vecchio mondo asmatico.

La lotta di San Vittore non deve restare isolata: ROMPIAMO LE NOSTRE CARCERI LAVORATIVE, FAMILIARI, SESSUALI, IDEOLOGICHE, POLITICHE.

IMPARIAMO A CONSIDERARE NOSTRO NEMICO TUTTO CIÒ CHE NON CI OFFRE GIOIA E TENDE AD INCATENARCI ALL’ODIOSA DROGA DELLE MERCI E DELL’ABBRUTTIMENTO DATO DALL’OSCENA PRATICA DEL LAVORO.

Questa sera, 23 luglio, tutti i proletari coscienti possono trovarsi alle 18,30 in Piazzale Baracca per iniziare la risposta alla merda di tutte le galere.

MOVIMENTO MARTELLISTA

“Compagni, lasciate la falce ed iniziate con il martello a distruggere la società”

MI – 23.7.70 – suppl. al n° 3 della Nuova Gazzetta Renana, dir. resp. K. Marx

Gianni Collu – Transizione (1969-70)

Tratto da Apocalisse e rivoluzione di Giorgio Cesarano e Gianni Collu (Dedalo, Bari, 1973)

Una prima stesura di ‟Transizione” apparve, in francese, nel numero 8 della rivista Invariance (ottobre-dicembre 1969). Riscritto e integrato della nota aggiuntiva, il testo apparve poi nella Antologia di Invariance, pubblicata in italiano dalle edizioni La vecchia talpa di Napoli nel 1971.

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Intrepido – L’orgia del dovere

Volantone su Mario Rossi e la rapina di Genova del gruppo 22 ottobre. Genova, maggio 1971. Pieghevole di 4 facciate, ciascuna di cm. 23 per 33, su carta pesante. Ancorché testo collettivo, Luigi Grasso ne attribuisce la concezione a Riccardo d’Este. «D’Este era giunto a Genova nel maggio 1971 con un volantone Intrepido che fra altre cose prendeva le difese di Mario Rossi, sia pure in una versione ardita e anche poetica. Non nel volantone ma su un muro, d’Este aveva tracciato una scritta che aveva fatto epoca e contribuito al mito della “22 ottobre”: “Mario Rossi. Con te, nella notte in cui finisce la Preistoria”.» L’Intrepido si pose come un crocevia dell’esperienza postluddista, costituendo uno dei testi alla base della discussione tra i fondatori di Comontismo a Ponte a Egola ma anche, secondo una componente soprattutto genovese dell’ex Ludd, l’inizio di una deriva nichilista che, unita al consolidarsi dei gruppi della sinistra extraparlamentare e all’incipiente lotta armata, fece maturare un distacco disincantato dall’impegno politico.

INVARIANZA

Numero unico – luglio 1969. In fondo al volume è indicato come luogo di stampa la Tipografia Robuffo, Firenze; è presente il recapito di Nicola La Porta – Casella Postale n. 1321 – 50100 Firenze. Raccoglie la traduzione di alcuni articoli della rivista francese Invariance, fondata da Jacques Camatte nel 1968.

SOMMARIO – Origine e funzione della forma partito (Invariance n° 1, Jan-Mar 1968); Proletariato e Gemeinwesen (Invariance n° speciale, Nov 1968); L’essere umano e la vera comunità (Invariance, 23 Maggio 1968); Prospettive (Invariance n° 5, Jan-Mar 1969)

Giustizia è fatta…! Il Comitato di solidarietà con Borghini e Pietrosillo

Genova, senza data (Presumibilmente, tra fine 1970 e inizio 1971). Volantino in solidarietà ad Antonio Borghini e Vincenzo Petrosillo. Arrestati a fine ottobre 1967 per l’omicidio del padre adottivo del primo, il primo processo si era concluso il 29 ottobre 1969, quando la corte di assise li aveva condannati rispettivamente a 22 e 14 anni per «omicidio a scopo di rapina». Il pubblico ministero era Sossi. Questo volantino è successivo, quando la sentenza è stata confermata in Appello.